13/12/17

Martin Booth, GWEILO





[Tin Hau Temple (Hong Kong 2017). Foto Rb]

Martin Booth, Gweilo. Sottotitolo: Memories of a Hong Kong Childhood. Londra, Doubleday, 2004

Questa autobiografia si incentra sul primo soggiorno a Hong Kong dell’autore da bambino, nei primi anni Cinquanta, in seguito all’assegnazione del padre, funzionario della Marina Britannica, prima a compiti amministrativi nella guerra di Corea, quindi con funzioni di Commodoro nel porto di Hong Kong.

Lo sguardo infantile scopre, approvato da una madre culturalmente intraprendente e curiosa del versante cinese della popolazione e della città, al punto da apprendere il cantonese, frequentare un ambiente fatto di amicizie sia coloniali che indigene, appassionarsi all’arte e alle tradizioni di Hong Kong, a differenza del padre, piuttosto chiuso nel proprio mondo britannico che ritiene superiore a quello cinese, alienato dal lavoro e rifugiatosi nell’alcol e distante per concezioni e sentimenti dal mondo di affetti di madre e figlio, che si allontanano da lui sempre di più, seppure resti in piedi la famiglia e, dopo un ritorno nel Regno Unito, essa riparta per un secondo soggiorno, non riferito da questo libro ma che durerà fino al 1964.

La parola Gweilo è un termine con cui vengono chiamati gli stranieri occidentali in cantonese, in parte con spregio, ma qui con una rivendicazione in parte ironica e in parte di orgoglio, dato che il bambino si integra piuttosto bene nella città, imparando da subito termini cantonesi, facendo amicizia con ragazzi di strada e anche con un bandito della ora abbattuta città di malavita di Kowloon, detta allora “walled city”, e dagli anni Novanta sostituita da un parco.

Le credenze religiose (citati vari templi tra cui quello di Tin Hau sopra nella foto), le persuasioni astrologiche, il codice della malavita, i ragazzi della scuola, la sensibilità degli anziani verso il ragazzino occidentale; la vita quotidiana della città cantonese;  le consuetudini della città inglese con le feste dei genitori che si muovono in un mondo di prosperità sebbene non di ricchezza smodata, i rituali del tè del famoso Hotel Peninsula (tuttora esistente), i pettegolezzi degli adulti; il mondo cosmopolita di cibi, costumi, voci; il porto, le strade; le tragedie dell'incendio che distrusse le dimore dei baraccati e il successivo tifone; tutti questi aspetti risultano ben rappresentati e ricostruiti in questo libro che fa mostra di sé, tuttora, in varie librerie della città, si direbbe una specie di classico.

[Roberto Bertoni]