Sottotitolo: “Artistic Creativity and Sexual Freedom in Crouching Tiger, Hidden Dragon”, in Adapted for the Screen: The Cultural Politics of Modern Chinese Fiction and Film. University of Haway Press, 2010, pp, 11-33
Deppman
riscontra nel film di Ang Lee Crouching Tiger, Hidden Dragon una
profondità che deriva dall’uso attento e cosciente delle inquadrature, come
quelle iniziali che incasellano Zhang Ziyi nel personaggio di Jen ora con gli
occhi bassi, ora con lo sguardo obliquo, o nel labirinto del palazzo, dimensione
esistenziale che le sta stretta e da cui recede mettendosi in viaggio come
cavaliere errante.
L’adattamento
di Ang Lee rispetto al romanzo di Wang Dulu è una lettura non solo dinamica,
come testimoniano le scene di duelli e combattimenti, ma di spessore
psicologico affidato all’immagine.
Se
il romanzo sembra seguire un più marcato tracciato confuciano, il film lascia
nell’ambiguità se dopo i comportamenti trasgressivi Jen si penta o scelga una
forma paradossale di liberazione. Quando si getta dal tempio nel vuoto, il
romanzo sottolinea quanto quella decisione sia dovuta al desiderio confuciano
di offrire la propria vita agli dei affinché salvino la vita del padre, mentre
nel film si resta in sospeso se si tratti di un suicidio dovuto al dolore per
la perdita di tanti da lei messi in pericolo, o una fuga dalle convenzioni.
In
parte, la lettura di Deppman è freudiana: Jen com Id, e all’opposto
Julian come Superio, ma anch’ella carica di contraddizioni in senso
femminista, dato che, mentre difende i valori della tradizione, ha poi scelto
una vita di solitudine ed emancipazione tramite le arti marziali.
Nel romanzo di Wang, “Jen’s
sense of indepedence generally derives from her inflated sense of
self-importance”; invece nel film di Lee viene evidenziata, secondo Deppman, “a
collective identity, one more gendered than aristocratic” cui contribuiscono tanto Jen quanto le altre interpreti di questa storia (p. 15).
[Roberto
Bertoni]