05/01/17

Viet Thanh Nguyen, NOTHING EVER DIES

[Hanoi 2017. Foto Rb]


Viet Thanh Nguyen, Nothing Ever Dies. Harvard University Press, 2016


Questo saggio ha per argomento la ricostruzione della memoria della Guerra del Vietnam, o Guerra Americana per i vietnamiti, o più propriamente, da un punto di vista prettamente storico, Seconda Guerra d’Indocina (1956-1975). L’autore, vietnamita nato in Vietnam ma di nazionalità americana, docente universitario che oggi opera negli Stati Uniti, dichiara fin dalle prime pagine una partecipazione non solo distaccata di studioso, ma personale. L’asse della discussione è la memoria della guerra come è stata trasmessa e attivata sia dagli americani, chi ha partecipato alle operazioni belliche in Asia e chi si è opposto dagli USA, sia dai vietnamiti, chi ha vinto e chi ha perduto in quella che è stata non solo una guerra del Vietnam contro gli USA, ma un conflitto tra comunisti e no nel Sud e tra Nord e Sud Vietnam.

Giustamente, Nguyen insiste sull’appannaggio americano della memoria di questo evento cruciale per l’Asia sudorientale e per il mondo, soprattutto perché la macchina della memoria è anche un’impresa commerciale, per cui i film statunitensi, i romanzi, i ricordi dei veterani, altri testi visivi e scritti si sono diffusi, con la loro ambiguità ideologica, basti ricordare Apocalypse Now, mentre i testi vietnamiti, fondamentali per compattare l’ideologia della Stato unificato dalla guerra stessa, sono poco noti e non egemoni fuori dei suoi confini, tra questi film di buon livello culturale, quali The Abandoned Field.

Complesse da gestire, nota Nguyen, le memorie con impostazioni vietnamite non ortodosse, come quella buddhista e pacifista di Thich Nhat Hanh; o le memorie controcorrente di vari scrittori contemporanei.

Vengono opportunamente ricordate anche altre versioni del ricordo, per esempio in un capitolo si passano in rassegna i film e le serie sulla guerra del Vietnam prodotte nella Corea del Sud, un paese che partecipò alle operazioni belliche a fianco degli USA, e la cui influenza economica e nel campo dei mass media nel Vietnam odierno è pronunciata, quasi di quella partecipazione cruenta ci fosse oggi minore traccia di quella degli USA.

Oltre a questo, e più in profondità, il libro di Nguyen si pone il problema di fino a che punto, e come, sia possibile venire a patti col passato, restaurando la memoria sia dei sudvietnamiti che parteciparono con gli USA, di coloro che si sono rifugiati all’estero e di chi combatté per più di quarant’anni (se si contano anche la Prima guerra d’Indocina, quella “francese”, 1945-1954, e la Terza Guerra d’Indocina, ovvero il conflitto tra Vietnam e Cambogia, compresi il breve intervento cinese e l’occupazione della Cambogia da parte del Vietnam 1977-1991).

Si tratta di una problematica che va in profondità, domandandosi come sia possibile restaurare un uso etico della memoria; come l’oblio abbia un peso notevole nella dinamica dei ricordi; come si possa uscire dai vicoli ciechi del passato ricordando non solo la propria parte ma anche la parte avversa.

Nguyen ha assorbito, oltre a proprie riflessioni e alla documentazione approfondita, parecchi saggi anche occidentali sul tema della memoria collettiva e individuale di eventi tragici, tra cui Ricoeur e Arendt, opponendosi giustamente alla futilità decostruttiva e al paradosso della negazione postmoderna degli eventi di Baudrillard.

Nguyen rivela una profondità nel saggio che, pur provenendo egli da un’esperienza di famiglia anticomunista, riesce a interpretare con serietà quella parte politica e a vedere l’America vincente come un aspetto problematico e difficile da interiorizzare anche per i vietnamiti esuli negli USA.

È anche autore di un romanzo giallo ben scritto, The Sympathizer (Londra, Corsair, 2015), che segue le vicende di un gruppo di fuorusciti della gerarchia militare vietnamita, tra i quali s’insinua il protagonista, una spia dello Stato nordvietnamita, inviando rapporti anche parecchi anni dopo la fine del conflitto ai suoi superiori comunisti dagli Stati Uniti. Quando i fuorusciti mettono in atto un’azione all’interno dei confini vietnamiti, anche il protagonista viene arrestato e processato in stile orwelliano, fino a che un compagno di partito, ora commissario del popolo, riesce a farlo riabilitare e uscire dal paese per salvargli la vita.

Il romanzo mette in rilievo la dignità di entrambe le parti, pur dimostrandosi critico della crudeltà umana e mettendo in atto le difficoltà psicologiche del caso. Questo testo narrativo necessariamente si rivela più ambiguo del saggio, il secondo essendo dotato di maggiore obiettività.


[Roberto Bertoni]