[Dawn in Hanoi (2017). Foto Rb]
Tuan Dang Nguyen, 1735 Km of Vietnam. Vietnam 2005. Testo di Khanh Phuong Nguyen e Hoang Anh Nguyen Tran. Con
Ngoc Duong Yen e Trinh Ho Khanh
Questa commedia sentimentale è ben più di una
storia di conoscenza e scoperta di un affetto tra due giovani. Si orienta sulla
transizione del Vietnam verso una modernità che pare abbandonare la tradizione per
avidità e miti del successo, velatamente criticati senza essere negati del
tutto, semmai proponendo un raggiungimento di quegli obiettivi come ricerca
sincera di sé e delle proprie capacità e aspirazioni. Riceve il film sulla
strada occidentale, ma lo trasforma in un’esperienza esistenziale più sensata
dell’individualismo e delle violenze cui ci ha abituato il cinema americano in
questo genere. Ragiona con delicatezza e ironia di cambiamento interiore,
amore, senso della vita. Contiene un elemento metanarrativo quando si scopre che
la storia è narrata da un personaggio e nega il finale melenso, dopo averlo
rappresentato, per sostituirlo, ancora ironicamente, con un finale a sorpresa. Si
presenta come un rifacimento della commedia sentimentale coreana, ma con toni
del tutto personali e una maggiore profondità della media di questo tipo di
film. Infine consente di vedere diverse città vietnamite, qualificandone la
bellezza artistica che l’urbanizzazione crescente sta nascondendo: Hanoi, Hue,
Hoi An, Nha Trang e Città Ho Chi Min. Il titolo si riferisce alla distanza tra Hanoi e Città Ho Chi Min.
La storia è quella di Tran Ahn, ragazza in carriera
proveniente dalla classe medio-alta, fidanzata con un giovane uomo d’affari, e
Kien, giovane laureato in architettura, di condizione sociale più umile, cresciuto
in una situazione familiare difficile, nato fuori del matrimonio, allevato dalla madre e in cerca di un’identità. I due si conoscono su un treno.
Perdono la coincidenza a Hue e da qui una serie di avventure li porta a
guadagnarsi abbastanza da pagarsi di volta in volta la prosecuzione del viaggio
finché, a Nha Trang, lo zio di lei, ivi residente, paga il biglietto dell’aereo per Città Ho Chi
Min. Lui perde il volo e i due si rincontrano nella metropoli del Sud dopo un po’ di
tempo, senza peraltro riprendere la storia, ma solo in seguito si imbattono di nuovo l’uno nell’'altra su un aereo. Di qui nasce una nuova
vicissitudine, che non viene raccontata e, ironicamente, potrebbe essere una
conclusione fortunata, oppure tragica, dato che l’ultima scena è l’ordine di allacciare
le cinture di sicurezza come per un’emergenza dell’aria.
La recitazione è attuata con una voluta naturalezza teatrale e quotidiana che evita di imbarazzare lo spettatore anche
nelle discussioni più esistenziali, sempre accompagnate da un tono semplice e
da una conversazione raffinata quanto consuetudinaria.
Il viaggio modifica la personalità dei due
protagonisti, che imparano Tran Ahn la spontaneità e autenticità di Kien, lui la
focalizzazione di lei sul lavoro e sulle responsabilità.
Ci è piaciuto.
[Roberto Bertoni]