25/04/16

Pen-Ek Ratanaruang, NYMPH

["That tree had an unusual shape, it extended over the ladscape as though..." 
(Killiney 2015). Foto Rb]



Pen-Ek Ratanaruang, Nymph. Tailandia 2009. Con Yayanama Nopachai, Porntip Papanai, Wanida Thermthanaporn, Chamanun Wanwitwatsara


I fantasmi del cinema asiatico contemporaneo, più propriamente i deceduti di recente in attesa di trapassare all’aldilà per poi tornare al nostro mondo sotto diverse identità nella rinascita di matrice buddhista, non si manifestano sotto vesti bizzarre, prendono invece forme che poco si distinguono da quelle umane e partecipano alla vita quotidiana dei viventi finché non viene rivelata la loro natura illusoria.

L’abbiamo visto, per esempio, nel bel film di Kurosawa Kiyoshi, Verso l’altra sponda. In Nymph, il discorso si estende a una concezione olistica e a una metamorfosi che ricorda, su un piano comparativo, quelle ovidiane.

La pellicola di Ratanaruang presenta vari aspetti sperimentali. L’intreccio è espresso con chiarezza, ma più intuitivamente che per dichiarazione esplicita delle fasi cronologiche della fabula. Gli antefatti sono dati in modo frammentario e vengono ricomposti dallo spettatore, pur senza grande difficoltà gnoseologica. La telecamera indugia con sequenze di lunga durata sulle scene di natura, la foresta in particolare, che hanno un significato profondo per i personaggi che ne sanno intendere i contenuti mitici riposti, mentre risultano naturalistiche per i personaggi più legati al mondo della concretezza quotidiana.

L’antefatto è la morte di una ragazza per violenza sessuale e, come verremo a sapere poco per volta, la sua trasformazione in ninfa sotto forma di un albero. Nop è un fotografo che si reca, per eseguire un reportage, nella foresta assieme alla moglie May, impiegata un’impresa, più intenta alla modernità del marito, mostrando attaccamento al cellulare e al computer. May, stanca della relazione coniugale, ha intrecciato un rapporto sentimentale con un collega, Korn. Nop è al corrente della situazione, ma tace per salvare il matrimonio.

Il giorno dopo l’arrivo nella foresta, Nop scompare. Lo vediamo in una scena retrospettiva abbracciare l’albero della ninfa. Ne notiamo il cadavere non denunciato, in quanto ritrovato da un borseggiatore che lo deruba.

Dopo vane ricerche di Nop, o per lo meno del suo supposto cadavere, May torna in città. Korn lascia la moglie per vivere con May, che però temporeggia.

Frattanto Nop ricompare a casa, con amnesie come se avesse avuto un trauma di un qualche tipo dopo essersi perso nella foresta. Ha comportamenti in parte insoliti (non si nutre, ha bisogno di stare vicino alle piante), ma per il resto è in tutto e per tutto simile a un essere umano sebbene, poco per volta, si chiarisca che è un fantasma, rivelandosi infine come tale nella foresta, dove May si reca di nuovo quando Nop sparisce di casa.

Nop appare di nuovo a May e Korn nel folto sotto forma umana, invitando Korn a chiedere perdono all’albero della ninfa (come fosse una divinità, con legame forse a credenza animistiche) e a tornare da sua moglie, smettendo di infliggere dolore agli altri. Il perdono viene attuato, ma il ritorno coniugale resta in sospeso, mentre May, affranta per la perdita del marito, di cui ora intuisce la vera natura, non sa se proseguire la propria vita con l’amante o no.

L’aspetto sentimentale è tenuto su un piano di discrezione e delicatezza. La visione del mondo dei viventi come un tutt’uno con quella dei trapassati, percepibile da una sensibilità ligia a principi religiosi e filosofici, pare opporsi all’eccesso di secolarizzazione rappresentato dalla società urbanizzata e dai comportamenti occidentalizzati che caratterizzano coloro che hanno perso la consapevolezza della spiritualità del mondo antico.

È un film notevole sul piano estetico come pure su quello ideologico.


[Roberto Bertoni]