15/04/16

Jean-Didier Urbain, L’IDIOT DU VOYAGE



[Residents and tourists in Bugis (Singapore 2016). Foto Rb]


Jean-Didier Urbain, Lidiot du voyage. 1991. Sottotitolo: Histoires de tourists. Parigi, Payot et Rivages, 2002


Oltre a ricostruire, per certi aspetti, una storia del turismo dal diciannovesimo secolo in poi, l’antropologo Urbain si occupa della definizione di turismo e del concetto di turista.

Se il sociologo Nash “assimila il turismo al una forma di imperialismo” (p. 17) e J.-C. Berchet vedeva il turismo dell’Ottocento come un’attività collaterale al colonialismo (p. 17), esso va interpretato al contempo anche come una modalità dello scambio tra culture.

Secondo Todorov, il turista “cerca di accumulare nel viaggio che compie più immagini che sia possibile: la macchina fotografica è il suo strumento emblematico”, il turista si serve più delle immagini che delle parole (p. 32). Ciò, nelle analisi di Urbain, è dimostrato fin dai reportage dell’Ottocento, cita in proposito le descrizioni di Filadelfia di Chateaubriand.

Ci fu un tempo in cui era marcata la differenza tra il viaggiatore, soprattutto se illustre, o antropologo, e il turista, una distinzione, apparsa nella seconda metà del diciannovesimo secolo, che oggi non è più di qualità ma di quantità. Ulteriore distinzione è tra stanziale, come il villeggiante, che per Urbain non è un vero e proprio turista, e nomade, o in movimento o inserito in una mentalità di viaggio.

Nonostante sia una delle industrie principali del pianeta, il disprezzo per il turismo in quanto “mercanzia” (p. 57) e la “degradazione del viaggio a sport e a gioco” (p. 73) è una caratteristica nata piuttosto presto: è la critica da parte del viaggiatore al visitatore occasionale e temporaneo di luoghi e monumenti, specie se in comitiva: “la democratizzazione del viaggio è in odio al viaggiatore” (p. 86). Il disprezzo è stato ed è praticato da parte degli intellettuali; da parte delle popolazioni visitate; oggi anche da parte degli ecologisti. Urbain esamina anche l’auto-vituperazione da parte del turista, non infrequente ieri come oggi.

Secondo Urbain, invece, soprattutto ai tempi odierni, “il turista non è un viaggiatore senza qualità. Lo testimonia la varietà di spazi e di pratiche di quest’essere umano dallo sguardo multiplo, esploratore di reti, visitatore dei confini e appassionato dei deserti” (p. 253).


[Roberto Bertoni]