13/09/15

Murakami Haruki, COLORLESS TSUKURU TAZAKI AND HIS YEARS OF PILGRIMAGE


Londra, Harvill Secker, 2014

Le problematiche di questo romanzo sono certamente meno vaste di quelle di 1Q84 e senza dubbio meno immaginifiche. Tuttavia, per alcuni versi, anche qui siamo in ambienti distopici e alienati.

Anzi, proprio dove tutto in apparenza è ordinato e perfetto socialmente, si determinano sotto la superficie meccanismi di caos anche violento e di esclusione sociale.

Il protagonista fa parte di un gruppo di amici inseparabili fin dall’adolescenza, ciascuno definito da un soprannome corrispondente a un colore. La diversità di Tsukuru si rivela subito nel fatto che il suo soprannome è “Senza colore”: quasi un destino nel nome, dato che un giorno, senza spiegazioni, gli amici lo escludono dal gruppo dei sodali. 

In Asia orientale la solitudine è anche più difficile forse che in Occidente da accettare, soprattutto quando si viene tagliati fuori da un’associazione, o una “intimate community” (per dirla con le parole del testo da noi letto in inglese) che fornisce identità come quella qui delineata.

L’effetto su Tsukuru è devastante, in parte, nel suo domandarsi cosa abbia fatto per essere trattato in quel modo, ma in parte avvia un processo di individualizzazione: il protagonista lascia la città natale, Nagoya, va a studiare ingegneria a Tokyo, intraprende una trasformazione anche fisica, diventando sportivo e muscoloso, inizia una carriera professionale nella progettazione e costruzione di ferrovie.

Solo molti anni dopo, su insistenza di una fidanzata preoccupata per lui, riesce a chiarire la situazione con gli amici. Yuzu, una delle due ragazze del gruppo lo aveva accusato ingiustamente di violenze sessuali, al che gli altri avevano chiuso ogni rapporto. Eri, la migliore amica di Yuzu, sposatasi e trasferitasi in Finlandia, in seguito a un viaggio apposito di Tsukuru, rivela che sapeva che l’amica aveva mentito, ma per proteggerla aveva convalidato di fronte agli altri la falsa versione dei fatti. Altre scioccanti rivelazioni: Yuzu era stata effettivamente vittima di violenze sessuali, non si era scoperto da parte di chi, infine era stata trovata strangolata nel suo appartamento senza che la polizia riuscisse a smascherare il colpevole.

Non c’è insomma verità ufficiale solida in questo libro in cui sembra che la buona educazione prevalga nel comportamento esteriore delle persone mentre le forze oscure del delitto agiscono indisturbate. Sul piano del privato, le ipocrisie sociali occludono la strada della comunicazione diretta. La malattia mentale si annida nel mondo medio-alto borghese dei cinque personaggi. I sentimenti profondi e reali non vengono rivelati ma allusi, compreso l’amore. Un mondo di reticenza che si trasforma in nascondimento, varia cioè dalla potenzialmente positiva riservatezza alla deprecabile menzogna.


[Roberto Bertoni]