03/08/15

Henri Cartier Bresson, L’AUTRE CHINE






[Chinese screen (Musée du Cinquantenaire, Bruxelles 2015). Foto Rb]

 












Henri Cartier Bresson, L'autre Chine, Parigi, Centre Nationale de la Photographie, 1989


Il volume raccoglie fotografie scattate in Cina tra il 1948 e il 1949, sei mesi prima e sei mesi dopo la presa di potere del Partito Comunista Cinese. Nella mostra fotografica di Bresson attualmente in corso al Musée Juif de Belgique, questa serie di immagini è anche definita “Gli ultimi giorni del Kuomintang”; andrebbe inoltre messa in relazione al successivo servizio fotografico di Bresson in Cina dieci anni dopo a documentare il Grande balzo in avanti e la società socialista prima della Rivoluzione culturale.

In L’autre Chine, vengono riprese tanto la protesta anti-Kuomintang (per esempio i manifesti anticapitalisti e le manifestazioni politiche), quanto esponenti nazionalisti (si veda il ritratto del generale Ma Hun Kouei) e l’emergenza economico-sociale (restano impresse forse più di altre, in questo gruppo di foto, per contrasto, la tredicesima, della mendicante con bambino, e quella della coda, colta con dinamismo, di fronte alle banche a Shanghai per cambiare la valuta come spiega la didascalia 29-30).

Coerente con la propria poetica di cogliere il momento, come fa inevitabilmente a parere di Bresson la fotografia, innestata sull’impermanenza, ove l’abilità del fotografo sta nel fermare l’istante che un istante dopo non ci sarà più, convinzione che Yves Bonnefoy relaziona al Buddhismo [1], anche in Cina si distinguono le fotografie che nella composizione fermano simmetrie momentanee e nel contenuto penetrano l’umanità dei soggetti rappresentati: senza compiacenza esotica, eppure rappresentando sia gli aspetti di modernità emergenti nella foggia del vestiario e nella gestualità, sia quelli tradizionali.

Così nell’immagine 12 dell’ex eunuco del Palazzo Imperiale di Beijing, in contrasto con prime manifestazioni della riforma comunista come nell’immagine 19, intitolata “Les petits professeurs”, ovvero bambini cui sono stati insegnati caratteri ricorrenti della scrittura perché a loro volta li insegnino agli adulti nella campagna di alfabetizzazione.

Colpisce l’intelligenza di queste fotografie, nessuna delle quali perde mai l’equilibrio tra la solidarietà evidente dell’autore col popolo ripreso, la curiosità per il diverso e il ponte di comunanza universale tra gente appartenente a culture diverse, in un non sensazionalismo da cui risultano con chiarezza i drammi intrecciati alle consolazioni della vita.


[Roberto Bertoni]


[1] Henry Cartier Bresson Photographer, che contiene le immagini della mostra citata, prefazione di Yves Bonnefoy. Londra, Thames and Hudson, edizione rivista e corretta 1992.