05/06/15

Marina Pizzi, CANTICO DI STASI (2011-2014, strofe 61-65)



61.

viltà del cosmo canone del sale
l’età del rospo funzione occidua
il nero silenzioso che assassina la duna
in giacca canuta e prigionia di fato
vado a saziare l’incubo e la balena
irascibile sotto le dita o le ascelle del branco.
in breve al vanto porterò l’enigma
per salutare la madre sartina
e la ribellione fottuta. la cultura del borgo
è un argine dimenticato ma con bestiole da cortile
dove si arena l’inguine della vergine.
il cuore salino fa da discesa all’ultimo
esangue nomignolo dell’angelo fallito.
nella fiaccola ventrale una donna si accascia
palese ospizio di sé. la nebbia di spade
allunga il mistero di chi sfoglia le trappole
del crudo dazio di dover essere per forza
domande al fato tragiche lungaggini
verso le forche ennesime tragedie
di discole faccende prestanome
in fato la stanza di morire trapani a capire.


62.

impiego di siluro stare al mondo
bestemmiare le cantiche dei dadi
per i cipressi che crescono di punta
per il lancio del cardo contro gl’innamorati.
invalse in me un lutto senza ciotola
senza la base nuova per arrossire un poco
verso le sirene che restano di stucco.
verso la pece scompigliano le stagioni
i lutti lunghi di chi non vive mai
né arrampica le rupi di dislivelli.
tutto s’impenna alla radice del sale
per dare gelo alle fresie appena nate
alle conchiglie abrase da saline.
qui si conclama la stagione del santo
quando qualcuno ama i disperati
per combattere le rupi mai facete
o le singole bravure di chi muore.
atavico il sortilegio del lutto infante
celle del bivio perdere contatto
con l’aureola verde degli angeli
con la strada maestra per una frottola
intonacata a regime funerario.


63.

soglia di cometa starti a guardare
amore di soccorso sorso buono
la demoniaca del rantolo blasfemo
dove si mura l’età del canto.
in un eremo che certifica la rotta
la rosa spampanata fa da pianto
questo ridosso che non aiuta a niente.
l’infuso per la febbre mi aiuta a campare
la terra desolata delle tempie
il bilico del panico irruento.
non andartene da me nell’ora stramba
ma badami di coriandoli arcobaleni
la soglia di non andarmene braccata.
in rotta con la cantica del dubbio
c’è la spina del rigagnolo di sangue
la brutalità dello scempio di guardare
imputati innocenti verso le celle.
dio dell’abaco mi costringe al giro
di genuflettere l’aurora con l’occaso
per sparpagliare le norme salva tutti.


64.

pendolo d’occaso questa stagione
mirata dalla strage della giostra
dove si perpetua l’enigma della fata
se la cometa è una valvola di scarto.
urlò la fronte di cantare rabbia
e bastimento l’assaggio del sale
nella Maremma di volpi infelici
dove le cellule delle meraviglie
fanno da mafia il sole con l’orgasmo
del polline. genuflessa la rondine tragica
battezza le faccende delle cimase
l’alloro sul cipresso per gli eroi
che traggono gli albori come fanciulli
su gondole che piangono maree.
so dove piange la valle infantile
la tremula rendita del fato
con la gimcana acida del sogno.
domani la frutta è un embrione nuovo
dove  si aggira la ronda delle darsene
con le voluttà del dado.
rimpiango chi fu un creatore buono
una torre di anemici passeri
per la silente stiva del paradiso
indarno. amarezza la consulta con i semi
di nascere, né le ninfette del genio
consolano la foggia del pianto verso
la scena del carso senza fiori.


65.

Padre del caso io sono il tuo
Dove si origina una linfa nera
Pastrano il diavolo di esistere
L’incombenza straziante dello sguardo
La luna la toppa per credenza
O simile bastardo del no
Per una causa sull’inganno del comunque.
In duro sasso l’anemia del cuore
La speranza salina del re pastore
O almeno un anemone di mare
Per credere alla mutezza di dio
Malessere maturo su per tutti
Gli idioti bambini delle sorti.
Salva per me un’oasi di petali
Una bisaccia salsa di sogni fatui
Una minestra per connettere le stimmate
Col breviario valente e resistente.
In pace alla nebbia fu l’aureola
La rea combriccola del seno
La femmina corsara sotto duna.
Il cielo si annulla al primo sacro
Sacco di scorta per battaglie blasfeme.



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