25/06/15

Christopher Frayling, THE YELLOW PERIL: DR FU MANCHU AND THE RISE OF CHINAPHOBIA

[Yellow eye (Paris 2013). Foto Rb]


Christopher Frayling, THE YELLOW PERIL: DR FU MANCHU AND THE RISE OF CHINAPHOBIA. Londra, Thames and Hudson, 2014


Fu Manchu, protagonista di vari romanzi di Max Rohmer pubblicati tra il 1913 e il 1959, oltre che di successivi romanzi scritti da altri autori, nonché di fumetti e di film, è la quintessenza della rappresentazione dei cinesi in maniera stereotipicamente negativa e razzista.

Riemerso in varie occasioni sotto vesti aggiornate, per esempio nel Dr No di Ian Fleming, incarna il cosiddetto “pericolo giallo”, come mette in evidenza Christopher Frayling in The Yellow Peril, partendo da un’intervista con John Said, in cui lo studioso concordava, quale prospettiva promettente, sull’applicazione delle problematiche dell’orientalismo alla letteratura popolare e alla Cina, mentre Orientalism (Londra, Routledge and Kegan Paul, 1978) si era limitato al Medio Oriente e all’analisi di opere highbrow.

Frayling mette in rilievo tanto le manifestazioni lapalissiane di politically incorrect in Rohmer, quanto le sue asserzioni di non aver voluto ritrarre il “cinese tipico”, bensì un “cattivo” della letteratura di massa che avrebbe potuto avere anche altre nazionalità (osservazione un  po’ difficile da difendere alla luce dei testi...), come pure il cliché proseguito in storie di altri autori (per esempio Conan Doyle) e nelle riprese nel cinema, legate alle varianti dell’attualità dei periodi in cui apparvero, infine un rapporto comparativo con altri testi che iniziarono, mutando le relazioni tra il mondo di lingua inglese (non solo il Regno Unito, ma anche gli Stati Uniti) e la Cina, per esempio La buona terra di Pearl S. Buck e ancora in seguito le visioni simpatizzanti con la nuova Cina creata nel 1949. Tra gli altri rilievi di Frayling, sorprendente il fatto che lo stereotipo del “pericolo giallo” iniziò proprio in un momento di debolezza della Cina, quando non poteva corrispondere in alcun modo al vero, sconvolto com’era il paese dall’invasione giapponese prima, poi dalla guerra civile.

Per fare un esempio, abbiamo visto di recente Fu Manchu’s Vegeance, regia di Jeremy Summers, un film del 1967 in cui si manifestano chiaramente le caratteristiche evidenziate da Frayling: la personalità crudele, sadica, di Fu Manchu, il senso del mistero e del magico, abilità occultistiche e ipnotistiche, l’uso negativo del potere. Diciamo una stereotipizzazione negativa diretta, non edulcorata da obliquità e mediazioni, e avventure da fumetto. A dire il vero, forse prima ancora che colmo di pregiudizi, semplicemente sciocco.

In alternativa a Fu Manchu, per quanto ancora impersonato da un attore occidentale, Frayling pone, nella cultura popolare, i film con protagonista il detective Charlie Chan, per esempio L’artiglio giallo, diretto da James Tinling nel 1935, in cui il personaggio del poliziotto che si immagina cinoamericano è ancora caratterizzato da cliché, ma è dalla parte della legge e il film dimostra simpatia verso i cinesi statunitensi.


[Roberto Bertoni]