25/03/15

Carmen Covito, IL PROCESSO DI GIUSTA




Siena, Barbera, 2013

Questo romanzo breve racconta la storia di un processo in base al quale a Petronia Giusta, figlia di una liberta, viene riconosciuta la nascita in condizione di libera, da padre romano, col che si sfatano le trame contro di lei per spodestarla dei beni e della dignità. Il risvolto di copertina dice trattarsi di un episodio affiorato, nella realtà storica, dagli scavi dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

La narratrice in prima persona è una pompeiana, denominata Vibia Tirrena. Il giorno del matrimonio della figlia, Giusta tenta il suicidio per l’oppressione della propria sorte. Impietositasi, Vibia la aiuta a ripristinare la verità.

Il linguaggio è integralmente colloquiale e contemporaneo, per cui questa storia, per come è narrata, potrebbe essersi svolta nell’antichità, come pure, fatte le dovute differenze di apparati giuridici e di casistica culturale, ai nostri giorni.

Certe esclamazioni, per esempio, sopprimono ogni collocazione storicizzata. Troviamo sintagmi modernizzanti, tipo: “Oh mammamia!” (p. 17); un “bel salone vista mare” (p. 27); “State attenti ai borsellini” (p. 83); e così di seguito. Non sappiamo quanto questa attualizzazione esasperata sia di buon auspicio per la rievocazione del mondo classico.

Del resto non è l’unico romanzo di questo tipo nella resipiscenza dell’antichità all’interno della tarda modernità. Si vedano certe riduzioni televisive; romanzi concepiti come quelli di Harris; eccetera.


[Roberto Bertoni]