Micromega, 1, 2014.
Tra
gli elementi che caratterizzano la ristrutturazione della politica e delle sue
modalità nella società contemporanea, occorre evidenziare, tra i fenomeni di
fase, diciamo dagli anni Novanta in poi, almeno in Italia, la postdemocrazia (secondo
la tesi di Crouch su cui siamo intervenuti recensendo Ferrajoli) [1], il
populismo, i meccanismi massmediatici; e, tra le caratteristiche perenni della
costituzione e dell’uso del potere, le machiavellerie, ancora più pronunciate in
una tarda modernità invasa dal prevalere del tradimento come tecnica di
gestione dei rapporti umani [2]. Matteo
Renzi ha dimostrato padronanza di tutti questi aspetti.
Partendo
dalle premesse sopra enunciate, e venendo al saggio di D’Urso, ci siamo trovati a
concordare pienamente con la sua analisi.
D’Urso
nota in Renzi il narcisismo: “il desiderio di successo, la brama di potere”, che ne
fanno “il nuovo eroe del postmoderno nella politica italiana”, il quale,
“come Berlusconi, non cela le proprie ambizioni. Anzi le ostenta e cerca di
nobilitarle. Come Berlusconi, fa strame delle regole, e come Berlusconi non si
pone neppure il problema della coerenza. Lui è smart, lui è fast,
lui è ggggiovane; lo differenzia dal cavaliere l’età, ma non il
piglio: alla giovinezza biologica dell’uno corrisponde il giovanilismo dei
trucchi e belletti e riporti del secondo. Entrambi si propongono come
alternativa alla politica ‘vecchia’, che viene identificata precisamente nel
rispetto delle regole”.
D’Urso
dà conto della liquidazione degli avversari: “Abbiamo
[…] visto la sua arrogante presa di potere, nella prima Direzione del partito,
in un tripudio di ‘io, io, io’…, con la totale emarginazione della minoranza
rappresentata dai due contendenti”.
Rileva
il mutamento delle ideologie del PD: con Veltroni “il
partito era a metà della strada verso l’adesione completa al liberismo
sfrenato, alle sue culture, e persino al suo stile; ora con Renzi, possiamo
dire che la riva opposta del fiume è raggiunta. La trasformazione è compiuta:
irrevocabilmente”.
Individua, nell’agire di
Renzi, un sottofondo autoritario, “tutto al di fuori del
Parlamento”.
Qual è lo scopo? Si
muove
“verso quale meta, poi? Personalmente un’ipotesi ce l’avrei: verso la
distruzione dello Stato sociale, la cancellazione di ciò che rimane 'pubblico'
(che non vuol dire, naturalmente, 'statale', ma che appartiene alla
collettività, patrimonio della cittadinanza, non di gruppi di speculatori):
nell’economia, nell’istruzione, nei trasporti, nelle telecomunicazioni, nei
beni culturali, nella sanità, e così via”.
Riflesso, diremmo, delle nuove manifestazioni del capitalismo
e interprete vincente dell’Italia già danneggiata dal ventennio precedente.
[Roberto Bertoni]