15/12/13

Marina Pizzi, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 82-86)



[But that sky was rather different from a tin-coloured surface… And yet some of it was… (Killiney 2013). Foto Rb]


82.

ti aspetterò dovessi piangere le mura
giungere estrema alla girandola imperitura.
vicino alla sferza di Erode la carezza
dell’angelo non avverrà a sanare
il tuo gelo, la manifattura materna del seno
intavolato per il benessere del figlio
già grandicello, avido. nessuna manna
dal cielo per intersecare l’essere
con la schiuma di venere. qui si staglia
l’avarizia del cuoco patriarcale al maligno
incedere la rissa contro le tempie e le nuche
infantili. tanta la ressa della matrigna calamita
che il tartufo fatica a farsi leccornìa nel duolo
delle fughe angelicate verso la serpe.


83.

il cielo è reso stagno dal plurale dei banditi,
soffici lune ingessano le giacche.


84.

con la barena sinonimo di viso
so attraccare al teschio della nuvola
alla giovinezza in apice di barca
senza timone resina del bello.
attore linguistico simulare il bene
quando il muschio beve le canzoni
delle nonne, quale volteggio di chiodi
rivederti sul finalmente scampolo del riso
tu che siedi le trappole per sempre
la tomba delle coccole e il Vesuvio.
barcone di nebbia la bava del sudario
tegola di coma il ritorno
dalla mignatta atavica del coma.
si areni la barcaccia dell’addio
dacché domani non sarà rivolta
la darsena serena della summa povera.
verrà cometa d’àncora blasfema
questa città senza esili cordiali
anzi le buche forti di collasso.


85.

in molte chiese ho esumato polvere
come a dire che la nullità di dio
faccia compendio con la vacuità.
di te conobbi il lusso del sorriso
sostanza di semina i fiori
quasi fossi il mare della giostra.
attore di coriandoli vederti
bambino che gioca con la torre di sabbia
con la bravura in camice di luminare.
aringhe sottovuoto tornò la secca
la darsena maligna  e la frattura
con l’indice più bello della luce.
finì in un rettilario la cancrena
stonìo evinto dal cuore in battito
senza il flusso del sangue la bellezza.
fertilità del senso non aver soggetto
rendita perpetua la sua eclisse
sotto il commesso viaggiatore assente.


86.

la tellurica stanza che s’invaghì di te
oggi elemosina un alito soltanto
una manciata d’affetto l’edera.
lì il perfetto feto della notte
traduce l’egemonia del vulcano
in un’armonia di perle sotto guancia.
oggi la distanza scomunica la vita
qui si fa straccia egemonia di fame
il sortilegio panico del sale.
giocando a tiramolla le fate sono andate
scomunicate dal fato rovinate nel petto
da un passero diabolico da un chicco di veleno.
le mercenarie voglie delle nuvole
rendono il cielo blasfemo.
le gioconde particelle del rubino
rotolano incontro alle domande belle

flessuose avanguardie di comete.


[Le strofe precedenti sono sui numeri scorsi di “Carte allineate”]