“Strumenti critici”, XXVI.2, 2011, pp. 231-59
Riccardi
mette in rilievo come l’interazione intensa tra “pensiero politico, teoria
della letteratura e narrativa” sia collocabile piuttosto nel Primo che nel
secondo Ottocento e risponda a “un’intenzionalità forte: pensare l’Unità”, non
ereditata dagli autori dell’ultimo quarantennio del secolo (p. 231). Riscontra,
tuttavia, la presenza del motivo risorgimentale sia nella prima che nella
seconda metà del periodo in questione.
Più
dettagliata è la trattazione di alcuni autori.
La
teoria dell’impegno di Mazzini presuppone, come egli scriveva, “una idea
presaga dell’avvenire e comune a tutti, scrittori e lettori” (p. 232) e,
commenta Riccardi, una “missione messianica dell’intellettuale” (p. 233) in una
prospettiva “quasi esclusivamente ideologica e politica” (p. 234).
Stranamente,
forse, se si pensa alla produzione creativa di Tarchetti, caratterizzata dal
fantastico, è proprio questo autore a tracciare un rapporto concreto tra storia
e narrativa nello scritto “Idee minime sul romanzo” (Rivista minima, 31-10-1865), in cui sostiene da un lato l’idea del
romanzo in quanto “allettamento” e dall’altro il suo impatto sociale (p. 236).
Sul piano creativo, rispetto alla Guerra di Crimea, in Una nobile follia. Drammi della vita militare, Tarchetti assume una
“posizione antimilitarista” (p. 245).
Nievo,
più esplicitamente, lega la narrativa al Risorgimento nelle Confessioni, in modo talmente noto che
non è forse qui nemmeno il caso di delinearlo in dettaglio.
Verga
raffigura il Risorgimento in varie opere, sia i romanzi, e qui Riccardi
ricorda, tra gli altri aspetti, l’impatto della battaglia di Lissa sulla rovina
della famiglia Malavoglia, e il tramonto di Gesualdo di fronte alla presenza
garibaldina in Silcilia; sia i racconti, di cui viene esaminato più da vicino
“Camerati” (nella raccolta Per le vie,
1883), il cui protagonista, Malerba, è un esponente del mondo contadino che si
trova a combattere a Custoza, co uno scollamento ideologico tra il patriottismo
ufficiale e l’appartenenza a mondo altri, quello rurale in questo caso, del
mondo subalterno.
[Roberto
Bertoni]