[Tongdosa (Busan area, 2013). Foto Rb]
Sottotitolo: A study of
Korean architecture. Trad. Lee Jean Young, Seoul, Ewha Women University Press,
2005
Questo volume rivendica la novità di un approccio interpretativo, anziché descrittivo e classificatorio, allo studio dell’architettura tradizionale coreana.
Vengono esaminati gli spazi principalmente del tempio, del palazzo e della
casa privata con categorie fondate su principi buddhisti, taoisti e confuciani,
che variano dalla risposta emotiva sollecitata nell’utente e nell’osservatore
delle strutture studiate, relazionabile alla durevolezza etica del piacere
costante rispetto a quello effimero del momento, fino ad arrivare
all’alternanza di pieno e vuoto rispondente ai principi di esplorazione
interiore delle meditazioni e della struttura dell’universo.
Da qui l’importanza di elementi che non appaiono immediatamente all’occhio
di un osservatore occidentale, se non istruito e condotto a vedere ciò che va
visto come va visto, in particolare l’importanza della luce e dell’ombra
all’interno di una concezione dell’“interaction of emptying and
non-definitiveness” (p. 11) e del pieno e del vuoto: “filling becomes one with
emptiness. This unity is a state where the subject and object are one in
the absence of conflict” (p. 29). La
prospettiva spaziale dell’architettura tradizionale coreana consiste di
coesistenza e unità tra “wall and empiness”, il che è “in line with the idea of
Non-duality (advaita) of Buddhism”
(p. 79).
Lo svuotamento è un valore assoluto di per sé, equivalente alla concezione
buddhista di eliminazione dell’avidità e delle passioni e da rapportarsi
all’idea taoista che “emptying […] is […] defined as a condition for better
filling” (p. 20).
Da qui si dipartono altri concetti compatibili: tangibile (il pieno) e
intangibile (il vuoto); esperienza e immaginazione; artificio e natura.
L’immersione degli edifici tradizionali, soprattutto i templi, nella natura
può essere spiegata col valore simbolico della natura in quanto depositaria dei
valori della verità e dell’ordine (“law”, p. 27).
Nel rapporto con la natura, il volume di appella al concetto taoista di yeangsheng, “whereby one overcomes the
subordination to external materials by abandoning greed. This results in
mastery over external materiality, which means that in order to reach harmony
and accomplishment, greed must be abandoned. This is possible when we resemble
and obey nature” (p. 121).
L’ombra è un elemento di riempimento reso possibile dallo svuotamento dello spazio ed evidenzia il significato profondo del vuoto a causa della propria natura intangibile: “the shadow defines the intangible form of its tangible existence” (p. 33). L’ombra ha sei significati architettonici: 1. “it defines the boundary of a building”; 2. “the shadow sometimes extends its territory by interacting with the surroundings” (p. 46); 3. “the shadow has a formative function. The shadow is a formal medium that creates shapes and patterns” (p. 52); 4. “the shadow is a typical case if intangible diversity, which is attributed to its variability” (p. 55); 5. “a formal subject most effectively expressed by intangibility is silence” e l’ombra lo esprime in maniera astratta; 6. “the shadow is an indicator of time” (p. 58) con la sua alternanza di lunghezza e brevità a seconda delle diverse ore del giorno.
Il materiale e l’immateriale convivono, rappresentati da aspetti quali la
carta di riso che mantenendo una trasparenza opaca non chiude completamente le
pareti interne sebbene le differenzi, funzione espletata anche dalla posizione
delle finestre nel rapporto col mondo esterno. L’interazione tra interno ed
esterno ha risvolti di “overlapping” come dimostrano i corridoi di passaggio e
i passaggi in generale e il “borrowed landscape” (p. 98). Anche in questo caso
il legame metafisico è con la concezione buddhista della non dualità.
L’idea estetica generale è
quella di “accomplishment, harmony and fitting”, come la definisce “the ancient
Chinese book, Lu’s account of history”
(p. 121).
[Roberto Bertoni]