Stefania Segatori, FORME, TEMI E MOTIVI DELLA NARRATIVA DI IPPOLITO NIEVO, Firenze,
Olschki, 2011
Le celebrazioni che hanno avuto luogo nel 2011 per
i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia hanno rappresentato un’occasione
importante per ripensare non solo alla storia ma anche alla produzione
letteraria del periodo risorgimentale. Un contributo molto interessante a
questo dibattito viene dal volume Forme,
temi e motivi della narrativa di Ippolito Nievo, che prende in esame
l’opera una figura chiave del nostro Risorgimento attraverso nuove e originali
prospettive di analisi.
Il libro è suddiviso in quattro capitoli: nel
primo, che si intitola Perché rileggere
un classico, l’autrice espone con chiarezza le ragioni per cui ancora oggi
è fondamentale confrontarsi con l’opera nieviana e, soprattutto, con Le confessioni di un italiano, che per
Stefania Segatori “rappresentano l’ultima tappa di un processo problematico al
quale Nievo si affezionò fin da adolescente, ovvero quello di contribuire alla
costruzione di un’idea di patria e di nazione che fosse riconoscibile da tutti,
dalla classe dirigente e dai contadini, dai letterati e dagli analfabeti, dai ‘centri’
e dalle ‘periferie’” (p. 7). Il capitolo contiene un conciso ma ben documentato
resoconto della ricezione critica degli scritti di Nievo dal 1875 fino a oggi,
dal quale è possibile valutare come le interpretazioni dell’opera nieviana
siano mutate significativamente con il cambiamento del clima politico:
dall’epoca fascista, in cui Nievo era esaltato nella sua doppia veste di
scrittore e di combattente, attraverso il secondo dopoguerra, periodo in cui l’attenzione
dei critici fu rivolta principalmente agli scritti politici e alla produzione
campagnola nieviana, fino alle più recenti interpretazioni psicoanalitiche. Il
capitolo si conclude accennando al naufragio che provocò la morte di Nievo, un
vero e proprio “giallo storico” dai connotati ancora oscuri. Con Nievo,
sottolinea la studiosa, “scomparve il tenutario dei segreti dei Mille, il
memorialista garibaldino; se ne calò a picco con tutti i segreti dell’epopea in
un mare tranquillo che qualcuno volle tempestoso” (p. 19).
Il secondo capitolo, Geografia e storia dell’opera nieviana, ripercorre la biografia di
Nievo attraverso i luoghi della sua formazione (compiuta in gran parte nell’Italia
settentrionale controllata dagli austriaci), per poi analizzare il pensiero
politico dell’autore e, in particolare, la sua enfatizzazione della necessità
di coinvolgere le masse rurali nel processo insurrezionale. Al contrario di
molti altri patrioti dell’epoca, Nievo si rendeva conto dell’importanza di
raggiungere questo obiettivo, ed era consapevole che ciò sarebbe potuto
avvenire solo operando scelte politiche volte a garantire condizioni di vita
dignitose, istruzione e vera uguaglianza tra tutti i cittadini. Tali posizioni,
viste all’epoca come fortemente rivoluzionarie, rendevano nel 1867 ancora
“pericolosa” la lettura delle Confessioni.
A detta di Stefania Segatori non era tanto la conturbante figura della
Pisana a scandalizzare i benpensanti, quanto alcune anticipazioni del romanzo
in cui si caratterizzava il pensiero politico dell’ultimo Nievo, focalizzato sull’“interesse
per le condizioni economico-sociali delle classi popolari; la sicurezza del
lavoro; la libertà e l’uguaglianza; la fine del potere dell’aristocrazia e
dell’aristocrazia del denaro” (p. 47). Buona
parte del capitolo è dedicata a opere meno note di Nievo, il Novelliere campagnolo, L’angelo di bontà e Il conte Pecorajo, scritti allo scopo di esaltare le virtù rurali
in contrasto con la corruzione che giunge dalla città. E qui Segatori mette in
evidenza come Nievo, seppure influenzato dal modello di Manzoni, costruisca la
vicenda dell’Angelo intorno a una
figura femminile ben diversa da Lucia Mondella: “Morosina non si affida a una
virtù trascendente, non riferisce la propria vicenda ad un ordine
provvidenziale, è lei stessa il principio della virtù buona, l’angelo che non
si può guardare senza venirne intimamente scossi e trasformati” (p. 56).
Nel terzo capitolo (Struttura mentale e creazione culturale in Nievo) la studiosa
approfondisce il discorso relativo all’influenza di Manzoni sull’opera
nieviana, e giunge alla conclusione che “Nievo non è affatto manzoniano: per il
temperamento, l’edonismo laico, la sua irrazionalità, la predilezione per
l’istinto, il sentimento dell’individuo al di sopra di tutto [...] e perché
egli non ha fiducia nel valore della razionalità” (p. 70). In questo capitolo
l’autrice prende anche in esame i drammi nieviani (Emanuele e Gli ultimi anni di
Galileo Galilei) e la produzione giornalistica, vista dall’autore non
soltanto come una necessaria fonte di reddito, ma anche come un’ulteriore occasione
per legare direttamente scrittura e attualità politica.
Nel quarto e ultimo capitolo (Forme, temi e motivi della narrativa nieviana) Segatori individua e
analizza alcune costanti tematiche presenti nell’opera di Nievo, prima fra
tutte la memoria, che per lo scrittore padovano non è mai solo ripiegamento nel
privato, mantiene anzi un forte collegamento con la dimensione storica. Un
altro tema preso in esame da Stefania Segatori è quello dell’umorismo in Nievo,
con particolare riferimento a un testo piuttosto sottovalutato dalla critica, L’antiafrodisiaco per l’amor platonico.
Come scrive la studiosa, l’umorismo nieviano è particolarmente evidente nel
contrasto tra descrizione “seria” dei comportamenti umani e sostanziale vacuità
delle cose descritte: “uno humor
lucido, volontario, mosso dalla decisione di ribaltare le leggi e le gerarchie
[...] e che inventa racconti filosofici e apologhi corrosivi nei
confronti delle forme di pensiero dominante” (p. 115). Stefania Segatori
analizza anche, con grande originalità, il simbolismo dell’acqua all’interno dell’opera
nieviana. Partendo dal presupposto che la natura in Nievo, così come in gran
parte della tradizione romantica, è essenzialmente un luogo letterario in cui
si riflette l’interiorità del personaggio, la studiosa ripercorre le Confessioni di un italiano analizzando i
riferimenti all’acqua presenti nelle descrizioni degli ambienti naturali. Il
risultato di questa analisi è che, anche sotto questo aspetto, la tendenza
fondamentale della scrittura nieviana è quella di partire dalla sfera individuale
per giungere a quella sociale; una ulteriore conferma del ruolo educativo che
l’autore attribuiva all’attività letteraria. L’unica eccezione (però
significativa) è quella del mare, di fronte al quale Carlino scopre la
dimensione dell’infinito, che è prima di tutto intuizione del divino (p. 151).
In conclusione, il libro di Stefania Segatori è
uno strumento importante, che non soltanto aiuta il lettore ad approfondire la
conoscenza dell’opera nieviana con una puntuale analisi di testi cosiddetti
“minori”, ma che propone anche un ampio ventaglio di nuove e originali
prospettive interpretative.
[Daniele Fioretti]