Cina, 2010. Basato sul romanzo HAWTHORN TREE FOREVER di Ai Mi. Sceneggiatura: Ai Mi, Gu Xiaobai, Yin Lichuan. Con Shawn Dou e Zhou Dongyu.
La didascalia iniziale di questa narrazione raccontata dalla titolazione per episodi all’inizio di ogni sezione e poi dalle immagini e dalla rappresentazione scenica avverte che si tratta di “una storia vera che si svolse ai tempi della Rivoluzione Culturale”, datando agli anni Settanta e facendo riferimento alla direttiva di Mao di “costruire aule nei campi”, dal che l’invio di vari studenti delle scuole nei villaggi cinesi, in uno dei quali, il paese di Xiping, arriva per un programma di rieducazione, assieme ad altri studenti, la liceale Jingqiu.
La situazione
familiare della ragazza è critica: il padre è in carcere per motivi politici,
con la conseguenza dell’impoverimento della famiglia mantenuta solo dal salario
della madre insegnante ma adibita a mansioni più umili e costretta ad
arrotondare il mensile con lavori manuali scarsamente pagati. Jingqiu, sulla
base della chance concessa alle nuove
generazioni di non ripetere gli errori dei genitori, è soggetta a un periodo di
sorveglianza e dovrà dar prova di comportamento pertinente all’etica comunista e
ai principi maoisti per ottenere un posto d’insegnante una volta conseguito il
diploma e poter quindi aiutare i familiari.
Una storia d’amore
dovrebbe essere in tal caso fuori discussione perché compromettente e pericolosa, ma il sentimento prevale; e proprio a Xiping la
giovinetta conosce Sun, figlio di un militare altolocato, ma anch’egli, se non
economicamente, in parte almeno su altri piani in disgrazia a causa del suicidio della madre, risultante
dall’accusa di essere un elemento capitalista.
Va notato che
tutti questi particolari tragici vengono forniti nel corso dei dialoghi, quasi di
passaggio, mentre la condizione di indigenza della fanciulla viene espressa
tramite le immagini, con un contrappunto di consapevolezza della propria
posizione sociale e della gioventù che consente nonostante ciò l’innamoramento
e il sorriso, la dolcezza, i legami con gli altri, l’amicizia e l’esperienza del nuovo.
Agendo con
prudenza, i due ragazzi riescono a mandare avanti una storia, caratterizzata da
estrema delicatezza emotiva e da atti di prossimità timidi e riservati (tenersi
per mano, un bacio sulla fronte sfiorata appena, un bagno in costume con la
camicia sopra, stare vicini in un letto senza avere rapporti sessuali). Il
pudore è presentato come un valore positivo e il platonismo come una forma di
rispetto del giovane verso la fidanzata, in contrasto con l’amica del cuore di
lei, costretta a un aborto perché il boy
friend rifiuta di responsabilizzarsi.
Infine scoperti
dalla madre di Jingqiu e costretti a non vedersi per qualche anno, fino al consolidamento dell'attività lavorativa di lei, un’infrazione si rende quasi indispensabile quando la giovane viene a
sapere che Sun è affetto da leucemia. Lui dà altre ragioni per il
soggiorno in ospedale e si rende poi latitante per altruismo (con un tópos proprio della cinematografia e
delle serie orientali, ovvero la persona mortalmente malata si allontana per
non rovinare la vita della persona amata, provocando dolore per la perdita, con l’intreccio che dopo, lentamente, arriva a riabilitare chi
ha operato il distacco, fornendo la vera ragione ai personaggi che, a differenza degli spettatori, la ignoravano).
Alla fine del
film, la famiglia di Sun rintraccia Jingqiu e la chiama sul letto di morte. Lui
aveva promesso di aspettarla fino all’età di venticinque anni quando le sarebbe stato
concesso di innamorarsi ufficialmente. Invece la didascalia avverte: “Non ho
potuto aspettarti fino ai venticinque anni, ma ti ho aspettato tutta la vita”.
La pianta di biancospino
è il simbolo di apertura e di chiusura. Ha strani fiori rossi, che la
mitizzazione della storia, veniamo a sapere all’inizio, vuole essere sbocciati
invece di quelli bianchi perché ivi perirono dei sondati cinesi sotto le armi
giapponesi, da cui la ridenominazione in “Albero degli Eroi”. Di qui si arriva
alla conclusione in cui la didascalia narrativa spiega che Jingqiu ritorna ogni
anno a commemorare Sun, il quale aveva chiesto le sue ceneri venissero lì sepolte. Da
un lato, la biografia individuale si iscrive in quella collettiva; dall’altro,
l’aspetto personale è quello che rivivifica la leggenda nella modernità. Inoltre, il sito fa parte della zona sommersa a causa della Diga delle Tre Gole, dal che il neo-mito che il biancospino possa forse fiorire sott'acqua; e comunque la metafora di un passato gettato nel profondo (ma non perso alla memoria, che con questa pellicola il regista riscopre).
È un film lirico, struggente, animato da profondi valori umani, emotivo senza essere lezioso, capace di rappresentare l’intimità con grazia, dando nondimeno un quadro storico credibile non solo perché accurato nella ricostruzione di movimenti, gesti, ambienti, canti, lavoro agricolo e domestico, architetture, interni, ma anche in quanto testimone di un periodo ideologicamente difficile ed espresso con la complessità non sbrigativa di chi lo ha vissuto e ci ha senz’altro riflettuto sopra a lungo.
L’intimismo si dispiega lungo il versante interiorizzante di Zhang Yimou, in particolare ci
ha ricondotto al Ritorno a casa
con l’allora esordiente Zhang Zhiyi alla stessa età circa di Zhou Dongyu, un
film anch’esso ambientato tra i valori eterni del sentimento e della
rettitudine oltre che in un ambiente rurale ai tempi della Rivoluzione Culturale.
Il colore svolge
un ruolo di rilievo in UNDER THE
HAWTHORN TREE: sfumato verso il verde e le tinte neutre, col rosso simbolico
dei fiori, del sangue degli eroi, del sacrificio individuale di Sun, della
giacca di Jingqiu che lui le ha regalato di quella tinta proprio
perché si distingua dal blu prevalente negli indumenti di tutti gli altri.
Questo film ci fa
commosso e ci ha fatto pensare.
[Roberto Bertoni]