27/09/12

Rosa Pierno, ARTIFICIO




Roma, Robin, 2012. Introduzione di Gilberto Isella


ARTIFICIO, di Rosa Pierno, è un testo complesso, dai molti registri, che nel suo insieme si compone di due parti asimmetriche: ARTIFICIO, molto ampio, e AMORE FOSSILE, molto più breve. Ma la diversità nell’estensione delle due parti si rivela non significativa sul piano della densità perché la dimensione di AMORE FOSSILE è di carattere metariflessivo e dunque ingloba l’intera modalità di espressione di ARTIFICIO.  In questo senso ha perfettamente ragione Gilberto Isella nel registrare, nella sua introduzione,  l’assoluta  indivisibilità delle due parti, che si rivelano interdipendenti.

Del resto tutto il libro è antinomicamente costruito su Phantasia e Ratio, dimensioni del pensiero intenzionalmente poste di continuo sotto questione per essere di volta in volta ribaltate rispetto alla loro modalità abituale ed essere ricondotte ciascuna ai loro opposti, sicchè Phantasia, in sé intrisa di figuralità, si inquina con la  più evidente realtà fenomenica, e Ratio, obbediente alla coerenza distintiva, mostra la sua originaria e incancellabile  matrice  generativa, che è confusiva e assolutizzante. Per questo le distinzioni logiche correttamente operate e i voli iperreali audacemente ostentati si annullano aforismaticamente in una frase o in una parola susseguente, senza tema di suscitare obiezioni.

Sta in questo continuo e inaspettato scambio paradossale tra immaginazione e realtà il valore originale della poetica di Rosa Pierno, già ampiamente ed efficacemente manifestatosi in TRASVERSALE e nelle sue altre precedenti opere. La letteratura, e in particolare la poesia, è autorizzata ad operare le più arbitrarie trasfigurazioni della realtà e può sovvertire le procedure logiche abituali senza  alcun timore di esagerare. La poesia di Rosa Pierno, proprio in quanto condensata prosa poetica, raddoppia questa autolegittimazione, cogliendo quasi sempre  il lettore in contropiede. Tanto più quanto più la prima parte di ogni componimento si presenta in forma di enunciato presto smentito dalle successive considerazioni, sovversive di quella congruenza logica che conseguenzialmente  ci si aspetterebbe. L’Autrice, invece, abilmente aggira le aspettative, mettendo in atto, al contrario, una delogicizzazione disorientante, heideggerianamente costruita su un pensiero esclusivamente analogico (“rade radure snervate diserbate, promettono nuovi nascimenti”), su una dialettica-antidialettica che consente il reciproco implicarsi dei contrari e non il loro  reciproco escludersi (come accade invece  nel terzium non datur).

In ARTIFICIO, proprio perché si tratta di un dichiarato ARTIFICIO (che per Hegel era migliore di ogni realtà), con la scrittura è possibile tutto.  Del resto, una legittima affermazione contraddittoria sembra comparire proprio nella sezione finale, ASSOLUTO: “Posso dirti si o no in ogni istante. Ma anche sì e no insieme.” (p. 114).

Il canzoniere di Rosa Pierno, il suo DELL’AMORE, si costruisce su un repertorio classico amplissimo - dai latini agli stilnovisti, dai rinascimentali ai manieristi, fino ai modernissimi - che trapela in  citazioni criptiche o palesi (il dantesco “E crolla come marionetta coi rescissi fili crolla”; il catulliano “ Mille e mille volte sarà necessario ripetere che t’amo” ; l’ariostesco “L’amore suo insegue, non più l’amante”), o  nell’uso di costruzioni retoriche speciali. Un repertorio classico, è vero, tuttavia reinterpretato e rivisitato alla luce delle esperienze linguistiche della contemporaneità che vengono accentuate da alcune efficacissime strategie operate dall’Autrice sulle proprietà della lingua, e con la manipolazione della parola: la generalizzazione ottenuta mediante la omissione dell’articolo determinativo, ad esempio;  oppure la replicanza o la ricorsività delle figure prescelte (Reginella, il Cavaliere , la Damigella); l’esplorazione dei tropi e delle tradizioni popolari con il folclore elevato linguisticamente a configurazioni poetiche per semplice enuntiatio (“Campanelle e trombette nacchere e tamburelle”);  la reiterazione delle formazioni  grammaticali e sintattiche; il tutto che sta per la parte (“Il mare che sta per l’onda”) e non la parte per il tutto; la peculiarità di epiteti e perifrasi arricchite di assonanze e allitterazioni (“torbide convesse fosse”); l’uso delle locuzioni figurate. La scrittura, in ARTIFICIO, é più che mai téchne, nel senso più classicamente e compiutamente poetico, dunque, dedita alla conservazione del perdurante e alla ricerca del fluttuante.

Una scrittura che non si esime dal dare un senso alle cose come vengono subitaneamente colte, pur  senza indulgere al puro soggettivo  “sentire”. Tant’è vero che esse, le cose, sono di lì a poco, disensate. Tra senso e non senso, in ARTIFICIO il permanente è permutante, lo stabile è transitorio, l’invariante è variabile.   ARTIFICIO si rivela un testo ad alta teatralizzazione in cui le emozioni sono ragionate e le  passioni geometrizzate. Ma anche dove le ragioni sono dissennate. Rosa Pierno, procedendo nel suo intento disinsensante, che riesce ad ottenere proprio attraverso  il  suo modo contrario, cioè l’intenzionale produrre l’espressione insensata, giunge con apparente semplicità a quei paradossi liberatori, di tipo erasmiano, come  li definisce Gilberto Isella, che, di tutta l’opera,  ne costituiscono la nota identificatoria principale. L’atto di scrittura diventa così un atto conoscitivo che transita dalla sensorialità essenziale al corrispondente luogo mentale, reso, attraverso il poetico, pensabile, riconoscibile, metariflesso. La questione della verità e del vero non è certo secondaria in questa densa raccolta. Ma la verità a cui non si giunge mai è sempre distante dal senso comune che crede di averla raggiunta.

Nella parte seconda, AMORE FOSSILE, la logica, solo in parte logica, di Rosa  Pierno diventa dia-logica. Il poeta non rinuncia ad un tu (l’amante amato e nulla amato?), sia pure indifferenziato e forse irrintracciabile. Dietro le sembianze dell’amante analiticamente analizzato e onnicomprensivamente accettato-rifiutato, si nasconde la figura inscindibile degli opposti, buono-cattivo, fonte di gioia-fonte di dolore, gratificante-crudele, (“Amore mette proni e amore salva”, p. 112).

Si può quindi concludere questo breve excursus su ARTIFICIO, citandone un verso emblematico: “Non si può spezzare per solo via logica ciò che ha anche natura illogica” (p.114).    

                                                                                                        

[Fiorangela Oneroso]