11/08/12

Andrea Segre, IO SONO LI



[The mobile (London 2011). Foto Rb]

2011. Fotografia: Luca Bigazzi. Musica: François Couturier. Con Giuseppe Battiston, Roberto Citran, Marco Paolini, Rade Sherbedgia, Zhao Tao. 


Dichiara Segre, a proposito dei suoi film, di occuparsi di “realtà apparentemente minori, cui la grande narrazione mediatica non concede spazio di parola, ma che rappresentano spesso il punto di vista più importante, più profondo, più umano. È la loro dignità che metto al centro dei miei racconti” [1].

È proprio questo ciò che più ci ha colpito di IO SONO LI, pellicola che rappresenta uno spezzone sociale di sfruttamento, di sopravvivenza di mestieri di una fase storica precedente a quella attuale e di comunicazione tra persone appartenenti a culture diverse.

La laguna chioggina si popola di pescatori all’antica e al contempo di giovani arroganti e dediti ad attività illegali. Un’associazione cinese organizza gli appartenenti a lavorare in Italia, ma li costringe a una disciplina precapitalista, esponendoli a sofferenza.

Le connotazioni dello spaccato sociale sono realistiche, nondimeno il contrappunto del paesaggio è percorso da lirismo; e la protagonista recita diverse poesie classiche cinesi, che commentano la vita confermando verità universali, mentre riportano a un mondo in cui la modernità non ha campo.

La storia è quella di Shun Li, una donna cinese che lavora duramente prima in una fabbrica di tessuti, poi in un bar, per riscattare il prezzo che le consentirà di portare con sé nell’immigrazione in Italia il figlio di otto anni rimasto in Cina col nonno; e di Bepi, un pescatore prossimo alla pensione, di origine croata anche se in larga misura italianizzato. Nasce un’amicizia confinante con l’amore: un sentimento sincero, malvisto tanto da alcuni dei colleghi di Bepi quanto dalla comunità di Li, la quale si vede costretta, pena la minaccia di non poter avere il figlio con sé, a interrompere la frequentazione del pescatore, venendo inoltre trasferita altrove, sempre nel Veneto, dai suoi capi. 

Solo con ritardo Li verrà a sapere della morte di Bepi, che le ha lasciato il capanno di pesca, da lui reputato la sua vera casa; e che lei brucerà con un rito di commozione come esequia allegorica postuma dell'uomo. 

I soldi per il figlio, infine arrivato dalla madre, provengono da una collega cinese riuscita a sfuggire al controllo dell’organizzazione che l’ha portata in Italia: prima di andarsene lascia il riscatto per il bambino di Li.

Suggestiva la colonna sonora  di Couturier.


NOTE



[Roberto Bertoni]