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Marina Pizzi, VIGILIA DI SORPASSO, 2009-2010 [91-100]


[Excess of verandahs had been replaced by just one shady passageway that summer. Foto di Marzia Poerio]


91.

quale occaso ferirà il mio viso
braccato dalle fionde della storia.
accanto al restauro della gioia
s’imponga l’erta di chiamare gli angeli
materni intorno a spalle improtette.
ti guarderò la gita di volgere la luna
alla potenza che finalmente intenda
catapultare la bellezza della luce.
in un’oasi di altare fu avvenuto il bacio
questo cimelio d’assi la felicità.


92.

la scoria dei coriandoli laddove
bugie di pargoli illuridano
quesito di ninnoli il domani
e conclamato esito a platea
in atea ascesa d’inferi.


93.

valenza provvida vederti
rintracciando una lentiggine di amore
sotto i vestiti sciatti.
così vederti si avvale della retta
dell’ultimo treno.
una stazione vincolata al tetto
del mitico vento delle spore
che trapunta fiori. non basta la cresima
del bello per ungere il deserto.
tu rimani animato da teschi di mimosa
quando la manna è unicità di giusti
e le stimmate brevettano immortale
lo stipo della rondine frenetica.


94.

ecatombe di conchiglie il tuo bel volto
sconnesso dalle resine del vento
velo di cancrena ossuta nenia.
il buon vernacolo delle lune piene
bestemmia la rivolta dell’occaso
l’eco che incombe in una tomba vuota.


95.

ci fu un dì in cui scommessi l’alba
per barare una cifra di cosmesi
dentro la ronda che mi uccide il passo.
laggiù sotto lo scompiglio della foce
visse un gendarme dallo sguardo buono
un’ernia solamente sotto la tempia.
si brevettò il tetto per ricevere le rondini
bellezza e contumacia fu lo sterno
nodale sotto il senso di carezze
avvezze alle lentezze dell’amore.
il folto della luna vinse il tradimento
quelle manciate a vuoto senza senso
né il trotto incomprensibile del vento.
invece di lenire sull’eccesso d’ira
qui la piacenza delle labbra
seducono il principino della sabbia.
veronico l’attrito della fronte
acqua cattiva colora col sudore
dentro la scura rendita dell’ora
ossessa la lanugine del cucciolo.


96.

l’estate è un eccesso di veranda
un domandare con il dondolo la pace
verso la scelta di bruciare il secolo.
con la corolla docile dell’alba
baraccopoli s’impennano le voci
verso l’alunno che non sa mai scrivere.
è la lira un viatico di stelle
un canuto orpello che non serve
la seduzione nudata della vergine.
come colpa di nido voglio il disastro
di vivere parente senza amore
quercia di velo le segnate rotte.
il lutto della cicca vada a canestro
dentro un cortile parentale al popolo.
incollami le mani dentro il vestito
darsena
dentro la scuola che mi fu matrigna
maretta senza baci la vergogna.


97.

nel lutto del salario l’io del sale
questa scommessa atroce
lato del vomere catturato e stanco.
inverno di premessa addio di luce,
frugo alla caligine la santa speme
ma le promesse millantano le messi.
addio al corallo qui presente ruggine
dove l’amplesso è un otre di comando
senza la dotta curva di fidarsi.
cosa vuoi fare di me se sei d’accordo
col sale con le nespole cattive dell’orto
fradicio? in verità un chicco di cometa
è senza indugio. sa sorreggere il dubbio
della birra senza spumeggio. qui si scala
la croce del senza quadrifoglio! non voglio
te né l’autunno di te che guardo in me.
meringa ben festevole la grandine
sulle tombe sane. a me non chiedere le dita
del dio che sa indovinare i vincoli di numeri!
sono un orfano in sala di attesa
per il parlatorio che non tocca niente
né sa le giostre appena di restauro.


98.

una minestra di soglia sia l’appalto
per condividere il giusto e il peccatore
lo stradivari con l’enigma del silenzio.
in mano alla valenza della gioia
sia cortese il fango. l’ebetudine
sinistra della giostra stracci il gratis
del giro di promessa. nessuna mente
appisoli la mensa per il più povero
della terra di saliera minima salina.


99.

la persiana della povertà è la mia
bambinaia, l’esodo nero di virar
la tempia verso il sillabario idiota
del diario. tutti lo tengono in uno
stipetto perfido nei dadi del non
rimedio. la feccia religiosa della
stirpe annovera le guerre. sono
un tempio irreligioso senza latte.
i manufatti di rame degli zigani
affrettano la mia stanza a farsi
rasa al suolo. l’ultimo professore
onesto che abbia conosciuto è il
netturbino del più vicino bambino.
qui se resta la scansia del néttare
è una madre buona ben oltre la bontà.
il tono del mare uccide le sponde
dell’ultima cantilena. dove t’imbarchi
non conosci la piana delle olive più piene.


100.

qui resta un migrare che sa di rondine
staffetta d’occaso
atrio del grano fatuo
non orto di pasqua.



[Le strofe precedenti di VIGILIA DI SORPASSO sono uscite su "Carte allineate" in data 27-11-2010, 17-12-2010, 19-1-2011, 21-3-2011, 7-4-2011, 21-5-2011, 3-6-2011, 11-8-2011, 5-9-2011]