21/08/11

KOREAN RHAPSODY – A MONTAGE OF HISTORY AND MEMORY


[Leeum terrace (Seoul 2011). Foto di Marzia Poerio]


KOREAN RHAPSODY – A MONTAGE OF HISTORY AND MEMORY. Al Leeum (Samsung Museum of Art) di Seùl, dal 17-3-2011 al 21-8-2011

Intervenendo in proposito alla mostra KURIUM su questo stesso numero di "Carte allineate", notavamo come il sentimento del passato e il senso di perdita nel presente provocassero un atteggiamento di nostalgia ben riflesso nelle opere esposte con varietà di possibilità espressive.

L’attualità di tale tematica si ripropone in KOREAN RHAPSODY – A MONTAGE OF HISTORY AND MEMORY, un’altra mostra allestita a Seùl, questa volta nello spazio adibito a esposizioni temporanee del magnifico Museo di Arte Contemporanea “Leeum”.

Gli artisti rappresentati nella mostra sono stati scelti per reinterpretare, recuperando il passato e guardando così al futuro, un secolo di storia della Corea, che comprende l’occupazione giapponese, la guerra tra Sud e Nord, il dopoguerra.

Le opere vengono così esposte in un contesto che non solo ne evidenzia il valore estetico, sempre elevato, ma anche il loro significato sociale in rapporto con le comunità in cui sono nate e a cui si rivolgono.

Della nostalgia di cui sopra, non fine a se stessa, ma in quanto domanda aperta su un passato che si è sfumato a contatto con la modernità, e come a chiedere alle immagini costantemente di spiegarlo, o comunque a investigare quanto esso perduri nella memoria, ci sono sembrate particolarmente emblematiche le opere A DAY IN THE LIFE OF GUBO di Jung Yeon-doo, che reinventa in un video a circuito infinito e con tempi lenti la parte dell’antica Seoul abbattuta dai giapponesi ai tempi del dominio coloniale, ricostruzione intenzionalmente, malinconicamente soggettiva; e con una simile iterazione dell’immagine, ma concentrata questa volta più sul dettaglio che sulla panoramica, CITIES ON THE MOVE, un’opera di Kim So-ja che ripete in un video la stessa scena all’infinito: un carro di materassi coreani multicolori con una donna ripresi dal retro all’interno di un paesaggio nevoso su una strada montana della Corea del Sud, un’immigrazione interna e un universo sociale che si disloca pur restando fermo nella memoria con l’inquadratura iterata dalla sensazione di eternità proposta dal ritorno costante alla medesima scena.

Foto, quadri di impostazione tradizionale, installazioni di vario tipo caratterizzano questa mostra e si propongono, come si legge nella presentazione, di “rappresentare narrativamente le pene vissute dai coreani, nonché la rapidità delle trasformazioni e il dinamismo della storia coreana contemporanea”.

[Renato Persòli]