13/01/11

Kim Yong-Hwa, MINIONUN GOIROWO (미녀는 괴로워)


[What the image-society projects as ideal (Seoul, 2010). Foto di Marzia Poerio]

Titolo in lingua inglese: 200 POUNDS BEAUTY. Corea, 2006.Con Ju Jin-Mo, Kim Ah-Joong, Kim Hyon-Suk, Lim Yon-Shik, Park No-Shik, Song Dong-Il

Negli ultimi anni, aggregandolo a quello consueto per le pellicole impegnate e d'autore, abbiamo sviluppato un interesse anche per alcuni film a chiave emotiva, se ben costruiti, che non avremmo sospettato comparisse quando, in altri tempi, sceglievamo quasi esclusivamente i cosiddetti film d'essai. Se il nostro interesse per Hollywood resta limitato a pochi casi che ci sembrano più interessanti di altri, è invece più frequente la curiosità per il cinema asiatico, in parte indiano, ma più spesso, negli ultimi due anni, cinese, coreano, giapponese e di altri paesi dell'area estremoorientale, come pure alcune serie televisive, i cui prodotti sono parsi gradevoli ma anche non di rado commoventi e fondati su un'etica che, mentre rappresenta i valori diffusi dei buoni sentimenti, pare farlo, nonostante gli ibridismi parziali coi temi e i sottotesti culturali dell'Occidente, in modi che riflettono una maggiore coerenza di valori di quelli disgregati non rari nelle società statunitense ed europee. Abbiamo avuto modo di notare ciò di passaggio, recensendo per esempio le serie tratte dai romanzi di Louis Cha, alcuni sceneggiati di diverso tipo e altro.

Questo film coreano, diretto da Kim Yong-Hwa e nato da un fumetto giapponese di Yumiko Suzuki, racconta per un pubblico vasto in modo ironico, accattivante e umano, una storia di trasformazione. La protagonista, Hanna, cantante dietro le quinte che presta a una performer carina ma che non sa cantare la voce, data la sua abilità ma mancanza di presenza dovuta all'obesità e alla goffaggine, muta in una persona diversa in seguito alla decisione presa e portata avanti in segreto di intraprendere una drastica cura dimagrante accompagnata da una plastica pressoché totale, che nel giro di un anno la conduce a presentarsi sui palcoscenici col nome di Jenny, non ravvisata dapprima nemmeno dalle persone che l'avevano conosciuta bene, tanto è cambiata d'aspetto, mantenendo la voce prestigiosa, ma possedendo ora la bellezza che le consente l'accesso alla fama.

Si assiste così al topos narrativo della Cenerentola; e contemporaneamente a quello della vanitas data da infedeltà a sé stessi. Naturalmente Jenny/Hanna si redime; e proprio il giorno decisivo del concerto che la lancerà sulle platee significative, confessa in pubblico la propria storia, si riconnette con gli affetti, in particolare con la migliore amica e il padre infermo e viene non osteggiata bensì sostenuta dal pubblico, rilanciandosi come una Hanna di nuovo e abbandonando la personalità falsa, ma non il corpo, del dopo-metamorfosi.

Certo c'è una storia di individualismo, ma anche un riagganciamento al valore della fedeltà col nucleo autentico della personalità e una ripresa dell'altruismo che il cedimento alle pressioni del mercato dell'immagine aveva rischiato di soffocare.

L'ironia è anche nei confronti della plastica eccessiva, che stando a dati forniti dall'International Society of Aesthetic Plastic Surgery, vede la Corea del Sud al primo posto mondiale per interventi pro capite (74 interventi ogni 10.000 abitanti nel 2009).

Le commedie di questo genere non sono superficiali e vuote, al contrario spingono a prendere coscienza dei rapporti umani e delle difficoltà di gestire la vita individudale nella società tardomoderna che sembra liquefare gli schemi di esistenza precedenti.

[Renato Persòli]