03/11/10

Lee Hae-Jun, 김씨표류기 (KIMSSI PYORYUGI)

Corea del Sud, 2009. Titolo inglese: OUTCASTS ON THE MOON. Con Jeong Jae-Yeong e Jeong Rieo-Won

Come nella vita reale l'attore e l'attrice protagonisti (Jeong Jae-Yeong e Jeong Rieo-Won), così nella finzione filmica i due personaggi (Kim Seung-Geun e Kim Jung-Yeon) hanno lo stesso cognome. Questa non è che una delle sottigliezze ironiche con cui questa pellicola rappresenta l'alienazione dalla società opulenta emblematizzata dal personaggio maschile, e dalla psiche raffigurata nel personaggio femminile.

L'intreccio è esile quanto ben costruito. Seung-Geun, un uomo d'affari con una situazione disastrata finanziariamente e per ragioni personali, cerca di suicidarsi gettandosi da un ponte, ma, finito nel fiume, la corrente lo trascina su un'isola in cui rinviene, dapprima cercando vanamente soccorso dato che non sa nuotare, infine decidendo di vivere in quel luogo. Sopravvive nutrendosi di pesci e volatili che riesce a catturare, di pianticine nate da semi trovati in buste arrivate anch'esse alla deriva e di rifiuti. Qui già si profilano una denuncia degli sprechi della società dei consumi e la rinascita dell'individuo alienato tramite una rinuncia agli allettamenti della compagine commerciale.

Jung-Yeon, una giovane che da lungo tempo si è rinserrata in casa perché, causa scatenante della crisi di agorafobia, un segno sul viso la fa sentire inadeguata ad affrontare gli altri, esplora il mondo esterno dalla finestra col teleobiettivo di una macchina fotografica, in cui un giorno inquadra il segnale "Help me" scritto in inglese da Seung-Geun sulla sabbia dell'isola.

Forse immedesimandosi fin dall'inizio con quell'uomo che, come lei, pare naufrago dalla vita, trova il coraggio di uscire, le prime volte solo di notte e mascherandosi col casco della moto. Lancia a Seung-Jeung dal ponte dei messaggi in bottiglia, in principio senza nulla di scritto sopra, quindi instaurando un vero e proprio dialogo al quale lui risponde con scritte sulla sabbia. Un giorno gli invia un vero pasto ordinato da una ditta di consegne alimentari a domicilio, ma il neo-abitante dell'isola lo rifiuta, avendo ormai respinto la civiltà comune ai più.

Questi due cuori solitari sono persone adombrate dalla sofferenza, descritta dal regista con commovente simpatia umana e delicatezza, sottolineata dal minimalismo divertente ma sempre rispettoso della diversità dei due personaggi principali e dalle riprese lente, lunghe, accurate e dettagliate della natura e dei volti.

I due infine, quando il naufrago viene rimpatriato a forza sula terraferma da una brigata di addetti ecologici approdati sull'isola, riescono a trovarsi. Lei esce di casa correndo in pieno giorno e lo insegue su un autobus, in cui si presentano, parlando come se appartenessero a un'altra cultura da quella della maggioranza, ma anche usando la lingua in comune fin lì utilizzata per i messaggi, l'inglese: "My name is Kim Jung-Yeon". Lui esita a lungo mentre la telecamera studia il volto ora barbuto, l'aspetto sciatto a causa del periodo di isolamento e di stenti, infine instaura la comunicazione sorridendo e rivelando anche lui il suo nome così in parte coincidente con quello di lei: Kim Seung-Geun.

Con questi gesti di umanità avviene il superamento dell’alienazione iniziale, che non comporta un reinserimento indolore nella società che ha provocato le crisi e le esclusioni, bensì una risoluzione basata sulla scoperta del simile solidale nella diversità.

Non ha niente di superficiale questo film godibile anche come commedia per il suo gradevole minimalismo stilistico.

[Renato Persòli]