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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
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ISSN 2009-7123
29/03/10
Shan Sa, PORTE DE LA PAIX CÉLESTE
[Porte céleste (Bruxelles, 2010). Foto di Marzia Poerio]
Shan Sa, PORTE DE LA PAIX CÉLESTE. Paris, Editions du Rocher, 1997 (Gallimard Folio, 2009)
Su "Carte allineate" (in data 29-4-2009) è stato recensito, di Shan Sa, LES CONSPIRATEURS, del 2005. In PORTE DE LA PAIX CÉLESTE era già comparso il personaggio di Ayamei e si trattava di una storia di impostazione maggiormente realista. In questo romanzo Ayamei è una delle leader del movimento studentesco cinese del 1989. Costretta a fuggire per non essere arrestata, si rifugia nel nord della Cina. La insegue un ufficiale con un gruppo di soldati.
Dell'ufficiale, Zhao, la narrazione segue parallelamente la storia di vita: di umili origini, trova un riscatto nell'esercito, nella disciplina, nell’obbedienza agli ordini. Si confrontano così due interpretazioni del mondo sullo sfondo i una Cina che, da un lato, è orientata verso la modernità, dall'altro è percorsa da storie e leggende. L'inseguimento si chiude con l'avvistamento da parte di Zhao di Ayamei che fugge in alta montagna e la decisione di non procedere oltre, forse perché quella di Ayamei, al confine tra realismo e fantastico, è un'apparizione, forse perché non avrebbe più senso catturarla dopo che Zhao, indagando su di lei, ne ha scoperto la pena di vivere e le ragioni della lotta.
Le voci narrative sono in prima persona quella di Ayamei, sdoppiata anche in un diario ritrovato da Zhao, e quella in terza persona che narra le vicende di quest'ultimo.
La violenza, ma anche le motivazioni dell'esercito che represse i dimostranti dell''89 sono esposte tramite i dialoghi e il racconto dei fatti con obiettività. La tragedia, con caduti e sullo sfondo di un'ingiustizia percepita come tale dai personaggi, è alleggerita dalla narrazione tenuta sui dettagli essenziali, senza eccesso di parole e tramite un'interiorità, quella di Ayamei, composta di fatti e osservazioni più che di emozioni espresse in quanto tali.
L'autrice dichiara di scrivere in francese perché è questo il modo migliore di trovare un ponte tra la Cina, da cui è emigrata, e la Francia, in cui risiede; si augura anzi che il suo francese riveli tracce della lingua cinese, come a integrare anche nell'identità europea quella asiatica [1].
NOTE
[1] "Écrire en français c’était pour moi la meilleure façon de faire le pont entre la Chine et la France. […] Et j’espère que cette langue française est écrite de telle manière qu’à travers elle, on aperçoit ce qu’est la langue chinoise. C’est peut-être là ce qui fait le style de tous mes livres". La citazione è in un saggio di Sophie Croiset, che mette in rilievo tra l'altro, dello stile di Shan Sa, i procedimenti attinenti alla poesia, tra cui la metafora (Trans, 9, 2009).
[Roberto Bertoni]