Rivista in rete di scritti sotto le 2.200 parole: recensioni, testi narrativi, poesie, saggi. Invia commenti e contributi a cartallineate@gmail.com. / This on-line journal includes texts below 2,200 words: reviews, narrative texts, poems and essays. Send comments and contributions to cartallineate@gmail.com.
A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
05/12/09
Cristina Cona, V COME VIAN
[V shaped roof ornament presented under the guise of statues. (From the walls of London). Foto di Marzia Poerio ]
Talento versatile e iconoclasta, di formazione ingegnere ma di mestiere jazzista, cantante, scrittore, traduttore, autore di numerosi testi musicali, fra cui la celebre canzone pacifista LE DÉSERTEUR (“Monsieur le Président, je vous fais une lettre, que vous lirez peut-être, si vous avez le le temps ...”), attore, “patafisico”, responsabile di una collana discografica e molto altro ancora, Boris Vian è oggi ricordato soprattutto per i romanzi L’ÉCUME DES JOURS E L’AUTOMNE À PÉKIN. Praticamente dimenticate sono invece, a mezzo secolo di distanza, le vicissitudini connesse alla pubblicazione di una sua pretesa traduzione che a suo tempo suscitò notevoli polemiche.
Tutto cominciò nell’estate del 1946, quando Jean d’Halluin, amico di Vian e proprietario della neonata casa editrice Éditions du Scorpion, chiese allo scrittore, appassionato cultore di letteratura poliziesca americana, di indicargli e tradurre per lui qualche giallo d’oltreoceano dalle tinte forti che potesse far colpo sul pubblico e diventare un bestseller, assicurando così un buon lancio pubblicitario alla sua attività: in quegli anni, infatti, la produzione letteraria considerata tipicamente made in USA godeva di notevole popolarità in Francia e poteva contare su un successo quasi automatico. Assillato da problemi finanziari, Vian decise che non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione di guadagno, e qualche settimana dopo il manoscritto di un romanzo “tradotto dall’americano” e intitolato J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES approdava sulla scrivania di d’Halluin.
Nella prefazione Vian forniva alcuni cenni biografici sul presunto autore: un certo Vernon Sullivan che, a causa del razzismo imperante negli Stati Uniti, aveva perso ogni speranza di pubblicare il libro nel suo paese natale e deciso perciò di rivolgersi ad un editore europeo. Protagonista del romanzo era un giovane mulatto, irriconoscibile all’aspetto come uomo di colore e che quindi poteva facilmente farsi passare per bianco, che per vendicare il linciaggio del fratello ad opera di segregazionisti si trasferiva sotto mentite spoglie in un’altra città dove prima seduceva e poi umiliava ed assassinava due ricche ragazze bianche. Il libro, caratterizzato da quelli che per l’epoca erano senz’altro un linguaggio crudo e scene scabrose, con un’abbondante dose di sesso e violenza, fece scalpore e si vendette a migliaia di copie, ma Vian, pur essendo sospettato da molti di esserne l’autore, continuò a sostenere di essersi limitato a tradurlo.
Il romanzo era stato scritto in poco più di dieci giorni, durante le vacanze al mare in Vandea. Vian aveva scelto di produrre lui stesso un testo secondo la formula indicata da d’Halluin, non solo perché cercare un libro adatto e tradurlo avrebbe chiesto troppo tempo e lavoro, ma anche perché era profondamente radicato in lui il gusto del pastiche e della provocazione: J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES fu concepito per l’appunto come parodia del poliziesco americano più efferato e brutale, nonché come beffa giocata al pubblico e soprattutto ai critici. Lo pseudonimo abbinava i cognomi di un amico di Vian, Paul Vernon, e di un pianista di jazz americano, Joe Sullivan; il titolo originariamente scelto, J’IRAI DANSER SUR VOS TOMBES, era stato modificato su consiglio della moglie di Vian, che lo riteneva non abbastanza violento. In quanto alla trama, si trattava di un argomento che stava molto a cuore a Boris Vian: pur non avendo mai messo piede negli Stati Uniti lo scrittore, che per anni si guadagnò la vita come trombettista jazz, aveva conosciuto numerosi musicisti neri americani e sentito molti aneddoti sui pregiudizi razziali negli Stati Uniti; un ruolo importante ebbe anche la sua amicizia con il romanziere Richard Wright (non è anzi escluso che Vian abbia in parte attinto per certi aspetti del suo romanzo al capolavoro di Wright, NATIVE SON). Egli era dunque sensibile ad una problematica sulla quale, all’epoca, ben pochi in Europa erano davvero bene informati.
Come se J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES non avesse già solleticato abbastanza la curiosità del pubblico, sopraggiunse il fattaccio dell’aprile 1947, quando una copia del libro venne trovata in una camera d’albergo a Parigi, accanto al cadavere di una giovane donna che era stata strangolata dall’amante, un commesso viaggiatore successivamente suicidatosi in un bosco nei pressi della capitale. Alcuni dei brani più violenti, in cui era descritta l’uccisione di una delle due vittime, erano stati sottolineati. Lo scandalo (amplificato dal fatto che Vian era frequentatore assiduo di Saint-Germain-des-Près, quartiere di boîtes ed esistenzialisti che era ormai sinonimo di vizio e perdizione e la cui vita notturna si trovava circonfusa di un alone quasi luciferino nell’immaginario dei cittadini benpensanti) ebbe naturalmente l’effetto di portare alle stelle le vendite del libro (che entro il 1950 sarebbero arrivate a mezzo milione), ma anche di causare non poche vicissitudini giudiziarie al suo (vero) autore.
Già prima di questo colpo di scena infatti il “Cartel d’action sociale et morale”, un’organizzazione conservatrice già nota per aver fatto causa a Henry Miller, scrittore “depravato”, aveva rivolto la sua attenzione a Vian. Questi si trovò ora costretto ad ammettere la paternità del libro, sia pur a malincuore perché non aveva nessuna voglia né di attirarsi ulteriori critiche, né tanto meno di finire in tribunale: compì perfino un estremo tentativo di confondere le acque collaborando ad una versione in lingua inglese, preteso “originale” che avrebbe dovuto provare l’esistenza di Vernon Sullivan. Questo stratagemma fallì miseramente: il processo ci fu, nel 1949 J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES fu vietato e Vian si vide infliggere una multa di 100.000 franchi per oltraggio al pudore.
Dopo J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES uscirono altri quattro polizieschi a firma di Vernon Sullivan; nessuno di essi ebbe l’impatto del primo romanzo, ma si vendettero comunque piuttosto bene e indussero diversi editori ad affidare a Vian traduzioni “vere”, di autori come Nelson Algren, Peter Cheyney e, per l’appunto, Richard Wright. L’idea della falsa traduzione fece inoltre scuola: Raymond Queneau seguì l’esempio di Vian, pubblicando nel 1947 (anch’egli presso le Éditions du Scorpion), con lo pseudonimo Sally Mara, ON EST TOUJOURS TROP BON AVEC LES FEMMES, un romanzo ambientato a Dublino durante l’insurrezione del 1916.
Ai primi del 1947 Vian aveva scritto nel suo diario: “Je serai content quand on dira au téléphone V comme Vian”. J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES lo aveva certo reso famoso, ma a costo di dare di lui un’immagine fuorviante e di eclissare nella memoria dei lettori altre opere molto più valide e alle quali teneva infinitamente di più. E continuò a perseguitarlo, letteralmente e tragicamente, fino all’ultimo. Nel 1954 egli si era lasciato convincere a dare il proprio assenso ad un adattamento cinematografico del romanzo, che con gli anni era stato rimaneggiato da produttori e soggettisti al punto da non lasciarne sopravvivere né lo spirito né la lettera. Vian aveva dunque finito per prendere completamente le distanze dal copione, pur uscendo da questo episodio esausto e amareggiato, ma il 23 giugno 1959 non resistette alla tentazione di assistere ad una proiezione privata del film. Negli ultimi tempi si erano molto aggravati i disturbi cardiaci di cui soffriva sin dall’adolescenza e che la sua vita intensa e frenetica non aveva certo contribuito ad attenuare; e quel giorno aveva dimenticato di prendere la solita medicina. Alle prime scene del film si accasciò sulla poltrona, stroncato da un infarto. Era nato nel 1920, e aveva spesso detto agli amici che non sarebbe arrivato ai quarant’anni.
Fonti:
- Philippe Boggio, BORIS VIAN, Parigi, Flammarion, 1993.
- Boris Vian, PRÉFACE, in J’IRAI CRACHER SUR VOS TOMBES, Parigi, Christian Bourgois, 1973.
- VIAN.
- ROSEMBAUM.
- PORTRAITS.