03/01/09

Gian Paolo Ragnoli, TRE SUL DIVANO

Lo so, lo so, si dice che se ti ricordi qualcosa degli anni sessanta vuol dire che non c'eri. Ma io c'ero, ci sono stato e ci sono ancora e qualcosa mi ricordo, anche se una buona fetta di ricordi se l' è portata via il tempo, e magari se ci fossimo strafatti un po' meno ricorderei qualcosa di più. E comunque quello era, come direbbe un filosofo tedesco, di quelli che studiavo all'Ucla quando ho conosciuto Jim, lo "Zeitgeist"...

Insomma, capitò nel soggiorno di Joni (o forse nella cucina di Cass?). Ero arrivato lì, come al solito, cercando di mettere dei chilometri, magari tanti, tra me e i miei problemi, sempre uguali, il fantasma di She, le cose intraprese e mai finite, il maggio a cui non aveva seguito l'estate ma il freddo inverno del nostro scontento, come aveva predetto William.
David e Stephen li conoscevo già, c'eravamo incrociati più volte nel giro dei folk club a New York, a tutti noi piaceva Fred Neil, era un maestro. C'era spesso anche Bobby, suonava a volte l'armonica con Fred o con Karen Dalton, stava sempre a sentire tutti con un'attenzione religiosa, poi magari scoprivi che il tuo arrangiamento di BABY LET ME FOLLOW YOU DOWN era diventato il suo, comunque allora nessuno avrebbe immaginato che pochi mesi dopo sarebbe diventato il "Portavoce Della Nostra Generazione" e poi tutto il resto, mentre ti affannavi a definirlo lui era già altrove, l’Uomo Invisibile...

Questo comunque era prima, anni prima che mi trovassi a bere una tazza di Lapsang nel soggiorno di Joni. Il metereologo aveva già annunciato cattivo tempo ma noi ce ne stavamo in questa casa al Laurel Canyon e stavamo amabilmente chiacchierando di chi avesse visto per l'ultima volta Richard (lei a Parigi, nel '68, io in Brin Place con Charlie e gli altri chissà quando). Suonano alla porta, Joni apre e entrano David e Stephen, con le custodie in spalla. David e Joni erano stati insieme, lui le aveva prodotto (va be', è una parola grossa, le aveva fatto incidere) il primo album, si vedevano ancora, ogni tanto. Lui e Stephen erano scappati dalle gabbie dei loro gruppi, Byrds e Buffalo Springfield, si erano messi a provare insieme, avevano l'idea di un gruppo acustico, qualcosa di personale, confessional writing disse David, forse aveva già fumato. Comunque tirano fuori le Martin dalle custodie, si siedono sul divano di Joni e attaccano.

Da paura si direbbe adesso, voci, armonie, melodie, tutto sembrava perfetto. Avevano scritto un sacco di pezzi nuovi, tutti strepitosi come GUINNEVERE di David o SUITE: JUDY BLUE EYES di Stephen, cui alternavano cover del loro passato da folk club, facevano anche EVERYBODY'S TALKIN' di Neil, anche quella benissimo. Joni stessa era ammirata, io stravolto. Quando attaccarono un pezzo nuovo, scritto insieme, che parlava di navi di legno, avevo gli occhi chiusi e non mi resi conto che stavo cantando anch'io, improvvisando una terza voce. A metà della canzone ci interrompemmo e scoppiammo a ridere, sapete com'è con l'erba.

David mi disse: "Però Ted, non male per essere un politico‚ non sapevo che cantassi". Non lo sapevo neanch'io a dir la verità, è che quando le cose mi piacciono mi ci butto dentro senza starci tanto a pensare, per quello c' è un sacco di tempo, dopo. Rifecero il pezzo, WOODEN SHIPS si chiamava, Stephen l'aveva fatto sentire a Grace e pareva che i Jefferson l'avrebbero inciso, poi ne suonarono altre, LONG TIME GONE, HELPLESSLY HOPING, YOU DON'T HAVE TO CRY, 49 BYE-BYES. Alla fine Joni tirò fuori una bottiglia di champagne e sogghignando fece un brindisi: a Crosby, Stills & Malvern. Era successo tutto molto in fretta, eravamo un gruppo, avevamo un nome. Poi prese la macchina fotografica e ci fece una foto, "quella" foto, noi tre sul divano, camicie a quadri, jeans e stivali.

Dopo due settimane avevamo già abbastanza materiale per un album, poi squilla il telefono a casa di Stephen e dicono che c'è un festival pazzesco, ci saranno centinaia di migliaia di persone, tre giorni di pace, amore e musica, come non andare?

Ma non ci sarei andato. Avevo un sogno, avevo dei compagni, avevo un posto a cui tornare, in cui ricominciare. Stephen e David erano amici sinceri e musicisti meravigliosi, ma non era la mia vita. Gli presentai un altro europeo espatriato, Graham, cantava in un gruppo pop, gli Hollies, ma non ne poteva più, voleva qualcosa di più autentico, cantava benissimo, molto meglio di me, non che ci voglia poi molto. Cominciarono a provare, erano strepitosi, poi Graham si innamorò di Joni e divenne chiaro che sarebbe rimasto.

Li abbracciai tutti, facemmo un' altra foto sul divano tutti assieme e poi loro andarono a Woodstock ed io tornai a Nomansland.

Se proprio volevo cantare potevo farlo con il Collettivo, nel frattempo potevamo di nuovo provare a rovesciare il mondo dalle fondamenta.

Come aveva scritto Bobby?

"A song will lift
as the mainsail shifts
and the boat drifts
onto the shoreline
and the sun will respect
every face on the deck
the hour that the ship comes in".

Volevo esserci anch'io, quel giorno.

Ma la foto di noi tre sul divano la conservo ancora, dietro c'è la dedica di Joni: with love, to Crosby, Stills & Malvern...


[NOTA DELL’AUTORE: Questo "rockonto", dopo Jim Morrison e Janis Joplin, chiude la trilogia californiana con Crosby, Stills & Nash. Poi il nostro eroe tornerà in Europa e si imbatterà nei Rolling Stones...]