26/04/08

LA RETE CULTURALE DI ANGELO TONELLI


[Carpet Moon. Foto di Marzia Poerio]

1. PREMESSA

Tra i vari aspetti del lavoro di Angelo Tonelli, si tiene qui conto soltanto di quelli relativi a modelli culturali specifici, il pensiero presocratico, le filosofie orientali, Leopardi, Montale, che vengono in parte utilizzati dal poeta secondo la lettera dei testi di riferimento, in parte invece sono trascinati dentro contesti che li trasfigurano privilegiando la sacralità e un’integrazione olistica con la natura. Tonelli propone una fruizione aggiornata dell’antichità, che si accompagna alle fonti moderne in un’operazione immersa in valori universali. Passiamo subito all’esame di alcuni testi.


2. REALTÀ TRASFIGURATA: I PRESOCRATICI, L'ORIENTE, JUNG

Un primo aspetto è il rapporto tra realtà osservata e trasfigurazione allegorico-simbolica nella memoria psicologica e letteraria. Lo si nota, per esempio, nell’osservazione del mare, un motivo ricorrente attraverso il quale si manifesta una concezione di realtà compresa tra verità e immaginazione. Il mare è fonte di energia, rappresenta la sacralità del tempo degli dei, ovvero un tempo arcaico e mitico che si ripete ciclicamente, insito nel ritmo di passaggio delle stagioni. Così in una poesia di POEMI DAL GOLFO DEGLI DÈI [1]:

“ma nel cerchio del cuore, inospitale,
che si erge a viva pietra sulle acque
adesso che dilegua lentamente
il primo mese degli dei, settembre
tuttoluce e libera al secondo
forza e colori, energia vivente,
nel cerchio più profondo, inospitale,
si erge grigia e bianca, solitaria,
isola vera da isola pensata,
l’Isola della Stella, la minuscola,
e la diresti uno scoglio emerso dal fondale
che declina lentamente verso l’acqua
e lì sembra disperdersi, svanire” (CEA, p. 24).

L’isola vera si frammischia all’isola pensata, assumendo connotazioni trasformate rispetto ai dati naturalistici: da un lato l’Isola della Stella parrebbe un riferimento cosmico (agli astri); dall’altro, il termine “isola” si puó qui intendere come individualità e solitudine, allegoricamente, in un mare che è probabilmente l’inconscio, come anche altrove l’espressione “fonti nel profondo” suggerisce un doppio significato marino e psicoanalitico (CEA, p. 26).

In “ma nel cerchio del cuore, inospitale”, l’acqua ha il compito di rappresentare la memoria (l’emersione) e l’oblio (lo svanire), che coesistono in un rapporto fluido. L’esistenza stessa è vista come un ciclo di fluidità instabile in LETTERA AL DISCEPOLO ASSENTE, ove “tutto muta / continuamente” (CEA, p. 68) tra gli “armonici contrasti / di una totalità vibrante” (CEA, p. 67).

Il riferimento culturale, per ammissione dell’autore, è la filosofia presocratica, in questo caso Eraclito. Il senso della vita come flusso equoreo è evidente in questo testo:

“Senza sosta scorre il fiume
e senza sosta è il mare. Senza sosta
è questo nostro andare
verso il mistero, luce che dilegua
dentro nuove notti e nuove aurore.
Vorrei che risplendesse un mezzogiorno
eterno, ma non possono i mortali
dimorare nella luce: occorre andare
di fiume in fiume di vita, di mare in mare.
Saggezza è scivolare
come acqua sulla pietra. È il mutamento
l’unico sostare” (CEA, p. 48).

Questa modalità di pensiero, compatibile con quella cara a Tonelli delle UPANISHAD, conduce a una poesia a sfondo meditativo. In essa il microcosmo si combina col macrocosmo, come nel rapporto tra il particolare e l’universale presocratico e tra l’Atman e il Bhraman indù. C’è un'identificazione tra l'essere umano e la divinità, un riferimento agli elementi fondanti acqua, aria, terra fuoco. La vita assorbe di sé il creato in una dimensione sacralizzata che comprende la morte in funzione di opposto indispensabile. La natura e l’individuo si fondono l’una nell’altro. Ogni dimensione comprende il suo opposto.

L’insistenza sull’enantiodromia di questo e altri opposti, che il poeta ammette anche in dichiarazioni esplicite, espone un aspetto junghiano (del resto Tonelli ha operato in questo campo terapeutico). Anche gli archetipi hanno una presenza: in particolare gli Dèi (o forze primigenie e motori del mondo animato e inanimato) e le essenze-simbolo (come l’aurora e la notte). Un esempio calzante di tutto ciò è la Canzone della vasta vita, in cui compaiono tra l’altro, dal pensiero presocratico il concetto di essere e non essere e quello di etere, il fiume eracliteo della vita che scorre, il Vuoto al fondo dell’essere che si ritrova nell’Induismo, nel Buddhismo, nel Taoismo, l’archetipo junghiano dell’Ombra sotto le vesti di una “Dea degli spazi Oscuri” contrapposta alla luce-vita di un’entità indicata col maiuscolo come “Grembo Vivo”:

“io sono dio del cosmo, creatura
che soffre, il cibo che diventa
sangue, il mare che si assorbe nella sabbia
e il cuore della Terra, la deriva
eterna dei pianeti e delle stelle.
io sono il nulla
che crea tutte le cose, le compone
e discioglie, sono la scintilla
rapida del pensiero e il funesto
frusciare degli spiriti, il cristallo
delle acque e il fuoco
ardente, la terra che sigilla
e l’aria mobile, l’etere infinito.
E anche non sono.
sono la notte buia assediatrice
luce del sole che acceca e fa risorgere
aurora matutina, alba, crepuscolo
e mezzogiorno immobile. Io sono
il corpo che si disfa, l’agonia
che consuma, il cadavere
che si nutre di sé, e linfa viva,
il morbo che corrode e medicina.
Io sono il cerchio eterno della vita
che tutto assorbe in sé, la mia infinita
esistenza è trama mobile, compiuta
mai. [...]" (CEA, pp. 83-84).

In breve, osserviamo come vi sia nei testi di Tonelli una rete culturale che combina vari elementi, trasfigurando il vissuto (qui la percezione della natura resa tramite la presenza della psicoanalisi e del pensiero greco). Vediamo ora qualche elemento dell’uso linguistico e tematico dei modelli letterari italiani nella rete citata.


3. LEOPARDI E MONTALE

In CANZONE DELLA VASTA VITA, troviamo più volte il termine “infinito”, applicato all’”etere” e all’”esistenza”. In altri testi l’infinito è il mare. È una parola ripetuta con frequenza; e se in parte indica un concetto compatibile con quanto fin qui detto, dall’altra è anche un lessema troppo noto nella poesia italiana perché a esso sia estraneo Leopardi, che è del resto uno degli autori apprezzati da Tonelli. Si fornisce qui di seguito qualche riscontro.

In primo luogo, si rileva una sensazione compatibile con la lettera leopardiana: “si placa e tace il mare e la mia mente / comincia a dileguare / nell’infinito” (CEA, p. 101) [2]. Per Leopardi l’indefinito dà l’impressione dell’infinito, così qui in Tonelli il dileguarsi, quasi come lo svanire progressivo di filari di alberi e di altre immagini utilizzate dal predecessore recanatese.

Se, nel caso appena citato, anche il contesto è compatibile con quello dei Canti in quanto presuppone un approccio sensista, più spesso il riferimento leopardiano viene contraddetto da un aspetto spiritualista, per esempio nel seguente passo in cui l’io pensante è di matrice, si direbbe, leopardiana, ma l’infinito è simbolo di un dio marino: “[...] mi risponde / il dio del mare aperto, l’infinito, mentre torna / un’onda a riprendersi la rosa / bianca della spuma, io a pensare” (CEA, p. 100) [3].

Il rapporto con Leopardi sembra più orientato sulla poetica in generale, sulla fusione di poesia e pensiero, come constata il poeta; e sulla dinamica dell’idillio e dell’antiidillio. Soprattutto nelle prime poesie, poi riprese e rielaborate in POEMI DAL GOLFO DEGLI DEI, Tonelli esprime un quadro idillico della natura, con riferimenti anche leopardiani. Oltre all’uso generico del termine “canti”, si nota ad esempio, nelle poesie degli anni Ottanta, ancora in relazione all’INFINITO, un perdersi del soggetto nella natura con i versi “io sono niente / e sono l’orizzonte” (CEA, p. 30), accostabile al leopardiano “ultimo orizzonte”. In seguito c’è stato un mutamento di rotta: mentre cioè tuttora raccoglie stimoli di carattere idillico, inserisce con maggiore presenza e preoccupazione aspetti di disillusione rispetto all’azione umana nei confronti della natura e della società, aprendosi così a un’ottica di non idillio ereditata dal Leopardi successivo alla “conversione al vero”.

Nella GINESTRA, l'eruzione del Vesuvio “schiaccia” gli umani, designati come un “popol di formiche”. In ALPHAOMEGA, un poemetto di Tonelli, riappare l'immagine degli insetti modificata entro la propria ideologia: “lìberati dal dominio dei tre dèmoni / e del diodenaro, che ti involgono / in una nube nera che degli uomini / farà insetti nocivi” (i tre dèmoni sono quelli sopra indicati, ignoranza, avidità e violenza) (CEA, p. 90).

Vengono adottati termini anche ottocenteschi (come “stirpi”, “ignavia”), in un registro misto, in cui il tributo alla GINESTRA si combina con parole provenienti da fonti moderne, anche dall’inglese e dall’economia, in quella rete culturale che, concettualmente e linguisticamente, assomma gli elementi e li fa circolare in nuove forme. Ecco il passo al quale stiamo pensando:

“già si incrina
l’asse del cosmo, si fa adamantina
la luce un tempo fertile di vita,
il cerchio di ignoranza stringe e stritola
le menti ipnotizzate dai lustrini
del mercato universale. sarà brina
di fuoco o acqua accesa, sottile
veleno inoculato nei polmoni
o deflagrare di ghiacci? sarà
esplosione o sussurro, bang o whisper?” (CEA, p. 94).

Un simile discorso di commistione si potrebbe fare per le modalità con le quali Tonelli si accosta a Montale, del quale, va detto subito, viene adottato, almeno nelle poesie degli anni Ottanta, il correlativo oggettivo (derivato però anche da Eliot, un’altro dei poeti ammirati dall’autore lericino).

Il dialogo tra il soggetto poetante e il mare, nelle sue varie manifestazioni, in un autore ligure, dunque anche in Tonelli, deve quasi sempre, direttamente o indirettamente qualcosa a Montale.

Si osservano inoltre vere e proprie citazioni e allusioni piuttosto trasparenti, che sembrano costituire un tributo all’antecedente, ma più in termini di lessico che di contenuti tematici, come se si trattasse di echi sonori, la parola “assorto” collegata all’infinito, come in “un tremolare assorto di radici” (CEA, p. 45), sintagma che pare derivato dal montaliano “meriggiare pallido e assorto”. Interessante è la ripresa, con modifiche lessicali non troppo pronunciate, di “Meriggiare pallido e assorto”, ma con lo spostamento verso esiti diversi da quelli montaliani, in questo testo:

“è tale il nostro andare assorto, vigile
di goccia in goccia limpida di vita
o torbida. E il cerchio che s'irradia
al nostro profondare è cosa breve

ma non piccola cosa: si apre un varco
e ciò che era forma nel disperdersi
diviene eternità, nasce ad un Essere
più fermo e impenetrabile, più vasto” [4].

Un andare assorto innestato sulla contemplazione cosmica del divino: destino di intertestualità un po’ ironico per un autore, come Montale, tanto restio alle forme di spiritualità.

Nonostante il trascinamento verso la visione estatica del cosmo in esiti come il precedente, dalla linea Leopardi-Montale si assorbono anche aspetti di una visione pessimista, che si frammischia ai momenti di contemplazione meditante e di scioglimento dell’io nell’universo.


4. CONCLUSIONE

Come nella forgia alchemica, il materiale adoperato viene trasformato in direzioni nuove: così le UPANISHAD lette in chiave junghiana e gli OSSI DI SEPPIA adottati per i termini ligustici ma spinti in direzione spiritualista. Altre situazioni intertestuali e di semplici e dialogo con testi filosofici e letterari si riscontrano in Tonelli, anche se qui non è per ora possibile parlarne. Qualche nome, per lo meno: il teatro greco classico, sede di ritualità e comportamenti archetipici; i lirici e soprattutto Orfeo sentito come simbolo della poesia; i filosofi antichi giudicati da Tonelli maghi e mistagoghi come Empedocle; Zosimo nell’antichità e i successivi alchimisti moderni; poeti ottocenteschi come Shelley e Byron per l’espressione diretta, oracolare e sentimentale; tra i novecenteschi D’Annunzio per la musicalità del linguaggio, Campana per l’Orfismo; musicisti come Mahler, infine. Rete culturale, l’abbiamo definita, nella quale Tonelli cattura parole esteticamente valide e intellettualmente destinate all’impegno pratico non violento per cambiare in meglio il pianeta oltre che alla fruizione nel pensiero e nella riflessione personale dei lettori.


NOTE

[1] Le citazioni sono tratte da una versione elettronica dei CANTI DI ESTASI E DI APOCALISSE, trasmessa dall’autore allo scrivente (di prossima pubblicazione presso Campanotto, Udine).
[2] Questa citazione, da AURORA CONSURGENS, è in corsivo nel testo di Tonelli
[3] Sempre da AURORA CONSURGENS, in corsivo di Tonelli.
[4] POESIE 1978-2001, trasmesso per via elettronica, pagine non numerate.


[Roberto Bertoni]