30/10/07

Paola Polito, GIOVINEZZA SENZA GIOVINEZZA, SULL'ULTIMO FILM DI FRANCIS FORD COPPOLA

"Fare un film è come fare una domanda, e quando hai finito, la risposta è il film" [1]. È quanto dichiara Francis Ford Coppola del suo ultimo film YOUTH WITHOUT YOUTH, presentato in prima mondiale al Festival del Film di Roma, il 20 ottobre, col titolo italiano, purtroppo infedele, di UN'ALTRA GIOVINEZZA.

L'opera, che arriva dopo dieci anni di assenza dalle sale del regista del PADRINO, è l'adattamento di un romanzo dello scrittore, filosofo e storico delle religioni romeno Mircea Eliade (1907-1986), TINERETE FARA TINERETE (1976) [Giovinezza senza giovinezza], la cui lettura era stata consigliata a Coppola da una vecchia compagna di liceo, Wendy Doniger, allieva di Eliade, da lui consultata per il progetto cinematografico molto sofferto, e poi abbandonato, di MEGALOPOLIS.

La lettura del testo di Eliade, come evinciamo dalla "confessione" di Coppola, sembra aver intersecato in modo stimolante una "crisi" personale attraversata dal regista, incentrata sul difficile rapporto tra vecchiaia e creatività, tra esperienza e freschezza d'ispirazione:

"Ho iniziato a pensare che l'unico modo per risolvere il dilemma di ritrovare l'ispirazione fosse ritornare giovane, mettendo da parte tutta l'esperienza accumulata e provare a ritrovare l'attitudine mentale di uno studente" [2].

Il film di Coppola non è esattamente la storia di un‘altra giovinezza, come si potrebbe ricavare dal titolo italiano, bensì di una "giovinezza senza giovinezza", quella di un uomo che - come Coppola, maestro del cinema teso a ritrovare "l'attitudine mentale di uno studente" - conserva nondimeno memoria ed esperienza di una lunga vita, ed è "giovane" solo per una magìa faustiana.

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TRAMA

Ambientato nel periodo interbellico, il film narra la vicenda di Dominic Matei, un anziano professore e linguista di Piatra Neamt (Romania), ossessionato dalla propria opera, cui ha consacrato tutta la vita e che è destinata a rimanere incompiuta, sulla storia delle religioni e l'origine delle lingue.

Proprio il giorno in cui Dominic decide di suicidarsi, viene colpito da un fulmine davanti alla Gara de Nord di Bucarest. Si risveglia miracolosamente con un corpo da quarantenne, oltre che con capacità mnemoniche e competenze linguistiche sovrumane. Ha anche al fianco un suo "doppio" dialogante, che perora le ragioni della passionalità.

Cacciato dai nazisti, interessati a sottoporlo ad esperimenti per impossessarsi del segreto della sua "rinascita", Dominic si trasforma per necessità in un profugo, la cui vicenda, dalla Romania, passa in Svizzera, poi a Malta, poi in India.

Dominic ha anche la fortuna di "ri"-trovare e riconquistare Laura, la fidanzata perduta nella sua prima giovinezza, che adesso è Veronica; attraverso di lei, colpita ugualmente da un fulmine e altrettanto miracolosamente sopravvissuta, Dominic potrà approfondire la conoscenza di lingue sempre più antiche, prodotte oralmente dalla donna in improvvise quanto violente crisi medianiche che la ricollegano a sue vite precedenti.

Ma gli attacchi metempsicosici a ritroso nell'antichità, fin quasi sulla soglia della protolingua, invecchiano bruscamente Veronica, al punto che l'ormai ottantottenne Dominic, nel suo corpo di eterno quarantenne, rinuncia, per amore, a raggiungere lo scopo ultimo della ricerca linguistica cui ha consacrato tutta la vita. Il professore sacrifica così la sua opera e lascia Veronica perché viva.

Tornato a casa in Romania, a Piatra Neamt, in una crisi di nervi Dominic ucciderà il proprio doppio spaccando lo specchio in cui egli è riflesso, e, nel bar dove era solito trascorrere le serate della sua precedente vecchiaia, ritrova i vecchi amici; ma questi non notano la sua giovinezza e mostrano conversando di essere ancora fermi al 1938.

Riacquisite bruscamente le sembianze di un vecchio decrepito, Dominic, inorridito, esce nella notte gelida e viene ritrovato al mattino morto congelato, una rosa rossa sbocciata in una mano.

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Il film, di cui Coppola è insieme regista e sceneggiatore, gode della splendida fotografia di Mihai Malaimare e della convincente interpretazione di un cast d'eccezione: Tim Roth nel ruolo di Dominic Matei, l'attrice romeno-tedesca Alexandra Maria Lara nel ruolo di Laura/Veronica, e molti altri interpreti di qualità, tra i quali il compianto attore romeno Adrian Pintea, memorabile per la magica interpretazione di un monaco buddista [3]. Da segnalare tra gli altri interpreti anche il professore italiano Fabio Scialpi (nella parte del prof. Blasi), studioso di religione indiana e allievo del Prof. Giuseppe Tucci (personaggio storico presente nel film nell'interpretazione di Marcel Iures).

Dirò subito che ho trovato il film un'opera coraggiosa e ambiziosa, di cui mi ha colpito in primo luogo la bravura. Abilità nel tenere insieme in un'architettura tutto sommato solida il proliferare di storie e temi, ambienti geografici e ambientazioni storiche, piani temporali, stati psichici e riferimenti a precedenti letterari. Non so ancora capacitarmi di come il moltiplicarsi, susseguirsi e intrecciarsi di molti generi narrativi (per citare un critico del "New York Times": thriller di spionaggio, miscuglio di film d'amore, mistero e speculazione filosofica), oltre al gioco smaccato delle coincidenze, dei ricorsi, delle corrispondenze e delle citazioni (i due fulmini, le due sopravvivenze, i due poteri straordinari, le due giovinezze, il ringiovanimento-l'invecchiamento, il doppio, gli specchi, faust, dorian gray e quant'altro…), il pullulare di inquadrature frante, fratte, capovolte, non metta in definitiva lo spettatore a così dura prova come ci sarebbe da aspettarsi. La storia, il suo modo insieme sovrabbondante e classico di essere narrata, avvince e trova la collaborazione dello spettatore. Semmai, uno dei limiti sembra essere quello dei dialoghi che, senza aver letto il testo di Eliade, credo di poter attribuire con sicurezza a ingenuità, semplicismo o improvvida intenzione didattica dello scripturist. Un altro dispiacere è che nel doppiaggio italiano si sia sbagliata la pronuncia di tutte le poche parole romene non tradotte, tranne il "noroc" del brindisi finale. Sciatteria facilmente evitabile.

Ma vediamo alcune recensioni:

A.O. Scott, critico cinematografico del "New York Times" definisce l'ultima fatica di Coppola, che sarà proiettata negli Stati Uniti a dicembre, come "una complessa meditazione, densa di simboli, sulla natura del tempo, del linguaggio e dell'identità umana", di cui apprezza la sicurezza formale di fronte alla difficoltà della materia, l'eleganza quasi classica e il tono riflessivo, tipici di un maestro, ma anche aspetti più giovanili, quali il "fremito di ambizione intellettuale" e il suo risultare, benché non dichiaratamente autobiografica, "personale in modo intenso e onesto".

I critici dell'agenzia France Presse considerano il film, che sarà lanciato in Francia a novembre, "strano, mitico, fantastico", ma "non di meno affascinante", mentre di grande complessità e gioco simbolico, di una ricerca di risposte a quesiti esistenziali, ha parlato a Roma il critico tedesco Thomas Radigk, che condivide il consiglio dato da Coppola al pubblico della prima romana, di vedere il film due volte, in quanto "alla prima visione può apparire un po' troppo complesso e perfino confuso" .

Meno cauti i critici romeni, conoscitori del testo di Eliade, della sua filosofia e delle molte implicazioni dei suoi studi.

Scrive Monica Andronescu, in COPPOLA RATEAZA MISTERUL LUI ELIADE (Coppola manca il mistero di Eliade):

"GIOVINEZZA SENZA GIOVINEZZA è un film corretto, ben fatto, ma si ferma al messaggio di superficie […] manca in gran parte proprio l'incontro essenziale col mistero di Eliade. Benché con scene per lo più ben costruite, la pellicola è essenzialmente priva di rotondità, i messaggi si perdono nelle troppe storie che vi si aprono, e quel che rimane limpido è soltanto il messaggio di superficie. […] portando in primo piano il dramma di un amore mai realizzato, […] Coppola sfiora soltanto l'essenza del racconto di Eliade, in cui il tempo, la coscienza, il sogno e…. l'amore si fondono portando alla conoscenza, alla comprensione al di là del tempo e degli amori melodrammatici, verso l'inizio del mondo, dove la vita si incontra con la morte. Resa attraverso racconti moltiplicati all'infinito, inquadrature che si vogliono vertiginose, riprese riflesse allo specchio, un mondo (letteralmente) capovolto, l'esperienza di Dominic Matei perde a un certo punto di intensità, impallidendo di fronte all'impasto di un amore agrodolce con una dose consistente di SF. Lo sdoppiamento del personaggio è risolta in modo scontato, come nella scena del finale in cui Dominic uccide il proprio doppio nello specchio, novello Dorian Gray" [4].

Su "Romania Libera" si legge il seguente giudizio: "Al di là delle contorsioni filosofiche, al di là dello scenario forse un po' arruffato, [il film] rimane una storia d'amore" [5].

In Romania, insomma, alcuni critici lamentano che il testo di Eliade, nella sua versione cinematografica, abbia perso in complessità concettuale e filosofica, che sia stato piegato ad altre intenzioni. Senza nulla voler togliere alla delusione delle aspettative romene, che trovo lecita, penso ovviamente che Coppola avesse il diritto di raccontare la storia eliadiana attribuendole delle implicazioni per lui di maggiore interesse e sicuramente personali. In ogni caso, non trovo giustificato vedere il film unicamente come una storia d'amore.

Il regista, nella citazione riportata in apertura, definisce il film in sé una risposta a suoi interrogativi. Sappiamo che in precedenza Coppola voleva portare a compimento un'opera già intrapresa, Megalopolis, e che non ci è riuscito, che a un certo punto ha sentito il peso della vecchiaia e dell'esperienza come un'ipoteca sulla propria creatività: credo piuttosto che UN'ALTRA GIOVINEZZA sia soprattutto una favola-parabola sulla necessità di ritrovare in sé lo spirito della giovinezza, l'entusiasmo del raccontare, del raccontarsi, senza puntare all'opera con la O maiuscola, perché - per parafrasare Kavafis - il senso del viaggio non è la mèta ma il viaggio stesso.

Mi sembra che questo film esorbitante, che si chiude sulla morte solitaria di un vecchio che ha appena compreso che "la vita è sogno", contenga uno struggente amore per la vita e un meditato ottimismo, come ben ci dice la rosa in mano al cadavere del protagonista. Un finale, per molti manierista, in cui potremmo invece vedere il simbolo dell'opera realizzata.


NOTE

[1] Francis Ford Coppola, "Ecco l'uomo che visse due volte" (11 ottobre 2007), http:// www. repubblica. it/ 2007/ 10/ sezioni/ spettacoli_e_cultura/ coppola-eliade/ coppola-eliade/ coppola-eliade. htmlui].
[2] Ibidem.
[3] Coppola ha dedicato alla sua memoria la prima romena di Bucarest, il 25 ottobre.
[4] http:// www. ziua.ro/ display. php?id= 228452&data= 2007-10-25.
[5] http:// www. romanialibera.ro/ a109577/ eliade-by-coppola. html.