05/02/07

Sten Nadolny, LA SCOPERTA DELLA LENTEZZA

Titolo originale: DIE ENTDECKUNG DER LANGSAMKEIT, München, R. Piper & Co. Verlag, 1983.
Traduzione italiana di Giovanna Agabio, Milano, Garzanti, 1985.
English translation by Ralph Freeman, THE DISCOVERY OF SLOWNESS, New York, Penguin, 1997.


A dieci anni John Franklin "era ancora così lento da non riuscire ad afferrare la palla", non riusciva a seguire il gioco dei compagni, non vedeva il momento preciso in cui la palla toccava terra, non sapeva cosa fare, e veniva preso in giro soprattutto dal valente coetaneo Tom Barker. Afflitto fin dall'infanzia da una percezione rallentata e sfalsata, il protagonista del romanzo di Nadolny è un "handicappato" troppo lento nel guardare, troppo lento nel capire, nel reagire e interagire; diviso tra uno sguardo incantato, fisso sul dettaglio, che gli impedisce di seguire la velocità del movimento, degli eventi, dei discorsi, e uno sguardo fisso d'insieme che gli fa cogliere soltanto i mutamenti lenti, John ha difficoltà di relazione in un mondo di gente svelta e sogna di trovare per sé un luogo in cui la lentezza diventi una forza. Il romanzo è la storia di questa ricerca, che farà di Franklin un navigatore, uno dei maggiori esploratori artici inglesi, prima teso a studiare e a apprendere la sveltezza, poi occupato a mettere a punto e perfezionare una peculiare strategia di navigazione e comando, il "sistema Franklin", che valorizza la sua percezione della realtà, portandolo alla gloria ma anche alla morte tra i ghiacci artici.

Questo di Nadolny è contemporaneamente un romanzo storico, in cui la biografia di John Franklin (1786-1847) è accuratamente ricostruita e narrata (origini, incontri, amori, battaglie navali, spedizioni in Australia e nell'Artico, governatorato in una colonia penale in Tasmania, tragiche spedizioni nei territori nordoccidentali del Canada alla ricerca del famoso "passaggio a nord-ovest"), e una "lenta" meditazione sulla diversità, sull'importanza dei fenomeni cognitivi per il comportamento umano, sui condizionamenti storici e ideologici che tendono a omologare gli individui imponendo standard sempre più veloci e affrettati, sull'ostinata e ottimistica lotta di un disadattato per trovare il proprio posto nel mondo attraverso l'educazione di sé e degli altri all'intesa e alla convivenza.

La narrazione è costellata delle originali osservazioni di John, sempre in ascolto e attento a interpretare gli eventi e le proprie difficoltà per trarne insegnamenti e regole di comportamento in una sorta di permanente SELF LEARNING: "per ogni cosa ci sono due momenti, quello giusto e quello che ci è sfuggito"; "due amici, uno svelto e uno lento, possono girare tutto il mondo"; "ci sono tre momenti, quello giusto, quello che ci è sfuggito e quello prematuro"; la libertà "la si possedeva quando non si doveva comunicare in precedenza agli altri i propri progetti. Oppure quando si poteva tacerli. Mezza libertà: quando si doveva annunciarli con un certo anticipo. Schiavitù: quando gli altri dovevano preannunciare a qualcuno il da farsi".

Il romanzo è anche un trattato di marineria e un affascinante resoconto di viaggi e spedizioni, descrive magistralmente la società inglese dal bellicismo e imperialismo ai primi fermenti socialisti e femministi, le innovazioni tecnologiche e i prodromi di invenzioni rivoluzionarie quali il cinema, ma deve il suo successo di critica e di pubblico soprattutto alla trovata di affidare la critica della cultura della velocità, della guerra e dell'ingiustizia a un protagonista antieroico, inetto, un forzato della lentezza che su di questa costruisce una vera e propria visione del mondo e una disciplina.

Un tema postmoderno, quello dell'alterata percezione, in una narrazione di stampo modernista, che fa della SCOPERTA DELLA LENTEZZA già un "classico".


[Paola Polito]



DAL TESTO [pp. 183-84 della traduzione italiana]:

La successiva passeggiata a piedi fu ancora più pericolosa, perché sopravvenne una fitta nebbia, e ognuno doveva tenere l'altro per la giacca. Volevano ritornare alla nave seguendo le proprie orme, e John Franklin controllò la direzione con la bussola. Ma poi si accorsero che le orme erano stranamente fresche, e soprattutto che diventavano sempre più numerose. Secondo la bussola e secondo l'ora il gruppo avrebbe già dovuto essere da tempo sulla nave.
Si erano smarriti e avevano girato in tondo.
John ordinò di costruire un riparo d'emergenza con lastre di ghiaccio. Reid non fece mistero del fatto che avrebbe preferito proseguire, ma di traverso rispetto alla direzione precedente. "Così staremo caldi, e inoltre arriveremo pure da qualche parte!" "Preferisco riflettere, prima di fare un errore", rispose Franklin amichevolmente.
Ordinò che tutti si avvolgessero con quello che avevano per stare il più possibile al caldo e che si sedessero attorno alla lampada a olio. I fucili furono ben caricati nel caso che orsi polari girassero lì attorno.
John stava accovacciato e rifletteva. Qualsiasi cosa gli dicessero gli altri - proposte, teorie, domande - si limitava ad annuire e continuava a riflettere.
Anche quando Reid sussurrò a Back: "Avevi ragione di chiamarlo Handicap", John respinse tutte le domande che avrebbe potuto porre. Ora aveva bisogno soltanto di tempo.
Un momento dopo Reid chiese: "Staremo soltanto qui ad aspettare, sir?"
Ma John non aveva ancora finito. Anche se la morte fosse stata imminente, non c'era ragione di interrompere una riflessione anzitempo. Infine si alzò.
"Mr. Back, ogni tre minuti lei sparerà un colpo di fucile, in tutto trenta volte. Poi sparerà ogni dieci minuti, per tre ore, poi una volta all'ora, per due giorni. Ripeta!"
"Ma allora non saremo morti, sir?"
"È' possibile. Ma fin'allora spareremo. Prego, confermi!"
Back ripete balbettando. Quando più nessuno si aspettava una spiegazione, John disse: "Tutto l'ice-field gira. È' l'unica soluzione. Per questo giriamo in tondo, anche se secondo la bussola marciamo sempre nella stessa direzione. Con il vento ce ne saremmo accorti subito".
Quattro ore dopo sentirono un debole sparo attraverso la nebbia, e poi sempre di nuovo altri spari di risposta ai loro. Un'ora dopo sentirono voci che chiamavano, poi si videro apparire uomini con corde, e dietro di loro, appena a cento piedi di distanza, la poppa svettante della TRENT.
"Ha una fortuna sfacciata, sir!" osservò Back sollevato e spavaldo, ma senza la minima traccia di disprezzo, al contrario. Reid fece una smorfia. A lui Back disse: "Se ti avessimo dato retta, adesso chissà dove saremmo, e in più saremmo ghiaccioli!" Reid tacque. A un tratto fece un balzo e si diresse con impeto verso un fiocco di neve. John si stupì. Come si poteva andare verso un fiocco di neve? Forse là c'era qualcos'altro?
Alla luce chiara e dalla coffa di maestra, il giorno successivo riuscirono ad abbracciare con lo sguardo tutto quel labirinto. Da dove erano stati, avrebbero senz'altro perso la nave nella direzione "giusta". In qualche modo erano arrivati dalla parte opposta, dove non li avrebbe cercati nessuno. Era stata una trappola mortale di primo grado, e John Franklin non c'era caduto dentro. Adesso mi sarà più facile, penso, e con Back non avrò più problemi. I re del cortile della scuola imparano ad ascoltarmi. Non appena ebbe formulato questo pensiero, seppe: Back gli ricordava Tom Barker, il suo compagno di scuola di vent'anni prima.