01/02/07

IL MARE IN PAOLO BERTOLANI: POESIE SCELTE E COMMENTATE DA PAOLA POLITO



[Waves Break. Foto di Marzia Poerio]







1. POESIE DI PAOLO BERTOLANI


Da LE TROMBE DI CARTA (1960; Lerici, ConTatto, 2004)


PAESAGGIO

a Nardo Dunchi

Fra noi correvano frasi
semplici come l'acqua. Poi
con Eli
con Ti
e gli amici francesi
abbandonammo il fiume per l'aria
più tesa di Punta Corvo. Lassù
ci mostravi ridendo il precipizio
narravi delle volpi
che la notte passano in giochi sulla riva.

La strada del ritorno era fra pini
olivi ed eucaliptus
tra una fuga di muri e vigneti.

Giù in fondo
da canne foglie e siepi di mortella
scorgemmo il cammino dell'acqua
e i mezzi fari sulle tavole
del traghetto.


CHI RESISTE È IL MARE

E tu vorresti rompere a furia di baci
l'amaro equilibrio? Il sottobosco
è roseo di foglie cadute
e appena ieri era di un verde acceso
tutta la montagna.

Chi resiste è il mare
ancora verde sotto le calanche
azzurro al largo
dove tra poco passerai
nella rotta che fanno abitualmente
le vecchie petroliere.



Da LIBI (Novara, Interlinea, 2001)


A me disé: Liguria,
dae póle ar mae… A me, che sa le mio,
'r mae, l'è da luntàn, da chì dónd'a vivo,
tra i muréti a séco chi rése 'a poga tèra
ch'la basta a mala pena a fae butàe
tréi uìvi storti, 'n pae de rapi d'ua
e quarche sómio.

Ma savélo, chi gh'è,
avée sé nève da 'n gabiàn sbandà
stradà fina chì dai canài,
savée chi se mèva zu 'n fondo
come 'n bèstio fidà,
i pè redime vèga e – la n'è rao –
ravìme 'i òci aa banda turchina
di giornà.

Mi dite: Liguria – Mi dite: Liguria, / dalle sorgenti al mare… A me, che se lo guardo, / il mare, è da lontano, è da qui dove vivo, / tra muretti a secco che reggono la poca terra / che basta a stento a far buttare / tre ulivi storti, un paio di grappoli d'uva / e qualche sogno. // Ma saperlo che c'è, / avere sue notizie da un gabbiano sbandato, / istradato fin qui dai canali, / sapere che si muove giù in fondo / come una bestia fidata,/ può ridarmi slancio e – non di rado - / aprirmi gli occhi alla parte azzurra/ delle giornate.



Da DIE (Reggio Emilia, Diabasis, 1998)


MAE-MAE

a Valentina

Donde portàgi ògi ch'lè doménega
'ste gambe liche-lache, vèce ormai?

Pigiàe 'n treno chi tràchia ‘'n rivéa?
Ma nicò là gh'è 'r mae

chi va chi ven
chi nó se vèi ferme – mae

chi me raménta sempre quélo
che me fa stae mae.


MARE-MALE

a Valentina

Dove portarle oggi che è domenica / queste gambe così-così, vecchie ormai? // Prendere un treno che attracchi in riviera? / Ma anche là c'è il mare // che va che viene / che non si vuol fermare – mare / che mi ricorda sempre quello / che mi fa star male.




2. IL MARE IN PAOLO BERTOLANI

Opera prima di fine anni '50, la raccolta di P. Bertolani LE TROMBE DI CARTA introduce al nucleo di temi e motivi che lo schivo poeta ligure, "povero ragazzo contadino", svilupperà in tutta la sua opera, se pur nelle variazioni di ispirazione e di accenti dei suoi oltre cinquant'anni di scrittura poetica. Già nel titolo, il richiamo da avanguardia primonovecentesca agli umili trastulli dei bambini [la "trombettina" govoniana del QUADERNO DEI SOGNI E DELLE STELLE; la "foresta di cartone" corazziniana del DIALOGO DI MARIONETTE], si schiera in continuità con la "tradizione" antieroica e antiretorica dei poeti liguri: si ricorderanno la "musica innocente", "l'indicibile musica / delle trombe di lama / e dei piattini arguti dei fanciulli" del montaliano CAFFÈ A RAPALLO dedicato a Camillo Sbarbaro, le "navi di cartone" del "fanciulletto padrone" di ARREMBA SULLA PRODA negli OSSI. Con l'attenzione alla "fantità", come la nozione di "infanzia" suona nel dialetto della nativa Serra di Lerici, LE TROMBE sono un chiaro avvio programmatico sotto il segno dell'UNDERSTATEMENT, similmente a quanto accade nei montaliani I LIMONI.
Di poesia in poesia vi si delineano una mappa di luoghi e una costellazione di dettagli che costituiscono un vero e proprio puzzle ambientale. In PAESAGGIO sono tracciate le coordinate dello scenario nativo, un concentrato di entroterra, costa, mare, fiume, caratterizzato dalla verticalità ("Lassù, il precipizio", "giù in fondo") ma anche dalla profondità, fatta di un succedersi di quinte, "tra una fuga di muri e di vigneti", "canne foglie e siepi di mortella".
Fin da quest'esordio si chiarisce anche il rapporto col mare dell'io lirico, "sensa remèdio / òmo de tera" [1], cui manca un rapporto utilitario o di immediata contiguità con questo elemento. Visto dall'alto, dalla casa, dal paese, il mare costituisce infatti una presenza lontana, di sfondo, che caratterizza e influenza l'ambiente e la vita in esso. In CHI RESISTE È IL MARE, a fronte della caducità della "metà" tellurica del cosmo del poeta ("Il sottobosco… la montagna"), il mare sembra sottrarsi al destino del tempo, conservandosi immutato e anche impassibile. Quella del soggetto lirico è in ogni modo una prospettiva sul mondo e sulle cose che con il mare sa di dover fare i conti. Il tema permane e si esplicita lungo tutta l'opera di Bertolani, come - nella raccolta LIBI - in A ME DISÉ: LIGURIA, dove al poeta che si interroga sulla scontata "marinità" della propria regione il mare risulta un dato non così pacificamente acquisito all'esperienza, benché si tratti di una presenza costante e imprescindibile, in qualche modo una risorsa, un motore di vitalità a distanza, fonte di consolazione anche estetica.
Ma il mare fa anche da spettatore a un paesaggio che sempre più inselvatichisce, mentre scemano e spariscono le attività della campagna, si spopolano i paesi, e sempre più struggente è il ricordo degli scomparsi: in Bertolani, con modi che ritroviamo anche in Biamonti, "poeta in prosa" della costa di Ponente, alla forte presenza del paesaggio e dell'ambiente si intreccia il motivo della perdita e della morte, che investe luoghi, cose, età, persone, amori. Questa "affinità" tra il mare e il disforico è esplicitata in MAE-MAE, dove il poeta prende spunto dall'emblematica condivisione dello stesso significante dialettale "mae" delle due parole italiane "mare" e "male". La mobilità e vitalità del mare, la sua indifferenza e eternità ricordano per contrasto al poeta, escluso, la propria fragilità.

[1] Da LESÉNDO ISABÈLA, una poesia di P. Bertolani in introduzione a Isabella Tedesco Vergano, ONDIVAGARE, La Spezia, Edizioni del Tridente, 2001.


Paolo Bertolani è nato alla Serra di Lerici (SP) nel 1931. Opere: LE TROMBE DI CARTA, Sarzana, Carpena, 1960; INCERTEZZA DEI BERSAGLI (1976), Parma, Guanda, 2002; RACCONTO DELLA CONTEA DI LEVANTE, Prima edizione e premio Comisso 1979, Genova, il Melangolo, 2001; SEINÀ, Torino, Einaudi, 1985; 'E GOSE, L'AIA, Parma, Guanda, 1988; DIARIO GRECO, Bergamo, El Bagatt, 1989; DALL'EGITTO, postfazione di F. Bruno, Lucca, Rugani, 1991 (ora in INCERTEZZA DEI BERSAGLI); AVÉI, Milano, Garzanti, 1994; SOTOCÀ, prefazione di G. Tesio, Dogliani, Liboà, 1995; DIE, prefazione di P. Lagazzi, Reggio Emilia, Diabasis, 1998; LA GRANDE SETTIMANA, coautore M. Spagnol, Milano, Salani, 1999; IL VIVAIO, introduzione di A.M. Carpi, Genova, Il Melangolo, 2001; LIBI, postfazione di G. Tesio, Novara, Interlinea, 2001 (Premio Lerici-Pea, 2002); LETIÈTA A N'UÌVO, in L. Angiuli, a cura di, VOCI PER L'ULIVO, Monopoli, Vivere in, 2001; SE DE SEA, Genova, San Marco dei Giustiniani, 2002; ITINERARI DEL MONTE E DEGLI AMORI. UNA CORRISPONDENZA IN VERSI 1978-1992, coautore F. Bruno, Genova, San Marco dei Giustiniani, 2002; IL CUSTODE DELLE VOCI, lettera introduttiva di R. Benigni, Genova, il Melangolo, 2003; PICCOLO CABOTAGGIO, Lerici (SP), ConTatto, 2004; RAITÀ DA NEVE, Milano, Interlinea, 2005.


[Paola Polito]